lunedì 4 giugno 2007

LIDIA CAMPAGNANO

Cara Laura, prometto che poi mi fermoI! Ma ho trovato questo interessante intervento di Lidia Campagnano che penso valga la pena far girare, cosa ne dici?
Un abbraccio
Giuliana

INIZIATIVE. LIDIA CAMPAGNANO: UN EVENTO
[Dal sito www.50e50.it riprendiamo il seguente intervento.
Lidia Campagnano e' una prestigiosa intellettuale femminista; in una breve
presentazione autobiografica di qualche anno fa cosi' si descriveva: "ho 55
anni, ho studiato filosofia all'Universita' degli Studi di Milano. Dalla
paura della storia, instillatami da piccola con i racconti della potenza e
dell'orrore nazista che avevano preceduto la mia nascita, sono passata alla
passione politica e a quella per la parola, scritta e parlata, come
possibili attivita' di cura (forse anche di consolazione) inventate
dall'umanita'. Dopo il Sessantotto e la scoperta del femminismo sono
diventata giornalista presso la redazione del "Manifesto", dove ho lavorato
per diciassette anni (i "quaderni del Golfo", durante "quella" guerra [del
1991], li ho ideati e curati io, pensando alle persone piu' giovani o a
quelle piu' disarmate e sconcertate). Ho partecipato alla fondazione di due
riviste di donne: "Orsaminore", a Roma, e "Lapis", a Milano. Adesso
collaboro dove capita: al "Manifesto" alla "Rinascita della sinistra",
all'"Unita'" qualche volta. In passato ho condotto varie trasmissioni
radiofoniche (presso la Rai) dedicate alle donne, e due trasmissioni
televisive (una settimana di commenti a una notizia del Tg Tre, una
trasmissione culturale del mattino presso la Rete 2). Ogni anno, in varie
citta' (Milano presso la Libera universita' delle donne, Roma prossimamente,
presso la Casa internazionale delle donne, Torino in occasione del Forum
"Native, immigrate, cittadine del mondo", Firenze mentre bombardavano
Belgrado, Lucca, Catania, in un campeggio di giovani a Policastro, Valencia,
presso l'Universita', e chissa' dove ancora) cerco e trovo modo di condurre
seminari, dialoghi e riflessioni collettive, soprattutto tra donne, a volte
anche con la partecipazione di uomini, sui temi simili a quelli che
trattiamo in quest'occasione. Ricordo anche la partecipazione a "punto G,
genere e globalizzazione", a Genova, con la conduzione insieme a Barbara
Romagnoli e Lea Melandri del gruppo "l'ordine sentimentale della
globalizzazione". Da allora collaboro qualche volta con la rivista "Marea"
diretta da Monica Lanfranco. Ho scritto vari saggi e relazioni, pubblicate
in vari luoghi, mi limito a segnalare due libri interamente miei: Gli anni
del disordine, pubblicato dalla Tartaruga edizioni di Milano nel 1996, una
meditazione per frammenti su cio' che la fine del mondo bipolare stava
producendo, soprattutto in Jugoslavia ma anche altrove, e Un dopoguerra
ancora, edito nel 2000 dalle edizioni Erga di Genova, in prosa poetica. Il
terzo e' in cantiere, sulle ferite inflitte nel tessuto spaziale e in quello
temporale, e nel senso biografico di una donna, dalle guerre di questi
nostri tempi"]

Sabato 19 maggio con l'appuntamento previsto per annunciare che la proposta
di legge dell'Udi per la democrazia paritaria e' stata depositata presso la
Corte di Cassazione ed e' pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale", e' accaduto
qualcosa: un evento. E gli eventi chiedono, dopo lo stupore, la riflessione.
Nella storia piu' recente dell'Udi per la prima volta un'assemblea
autoconvocata si e' trasformata in uno spazio pubblico davvero spalancato a
tutte le donne dotate di passione politica che volessero accedervi. Per la
prima volta queste donne hanno avvertito la liberta' di parlare di politica
a tutto campo, dalla guerra alla sessualita', per intenderci, prendendo
posizione, esponendosi, proponendo un confronto di opinioni, punti di
partenza, storie assolutamente differenziate, tanto individuali quanto
collettive. E per la prima volta si e' vissuto un autentico rimescolamento
delle carte: si poteva essere femministe oppure no, di sinistra oppure no,
esperte di politica oppure no, dotate di qualche notorieta' oppure no,
diverse per acculturazione, per condizione economica, per eta'... e capaci
di essere rappresentative, raccontando di "Usciamo dal silenzio", o del
partito dell'Italia dei valori, o della sinistra che lavora a unirsi, o dei
paesini della provincia di Modena dove una donna va a suscitare entusiasmo
per la proposta di "50 e 50" e sono paesini dove "non arriva mai niente,
neanche la nebbia".
Si poteva essere questo ed altro, dialogando nella serena certezza di aver
fatto strada, di volerne fare ancora e di non avere nulla da perdere nel
metterla a disposizione di tutte, quella strada.
Anche la storia, la memoria dell'Udi evocata da Pina Nuzzo
nell'introduzione, memoria cosi' straordinariamente politica per spessore e
per incisivita', ha potuto essere messa a disposizione di tutte e di tutti,
come patrimonio da elaborare, non come monumento. Il che di solito non
accade, e fa problema. O meglio, e' il problema (quello piu' nobile: ce ne
sono di meno nobili) che l'intero quadro politico in subbuglio affronta per
ricostruirsi, il problema delle identita' arroccate in un'autodifesa che
garantisce solo il calduccio delle appartenenze, non la vitalita' efficace,
fertile, nel presente e per il futuro. Ed e' cosi' che un'assemblea di donne
raccolta da un'associazione di donne diventa gia', in assenza di democrazia
paritaria ma nell'intento di realizzarla, un buon esempio per la politica in
generale. Tanto che avrebbero potuto venire anche gli uomini ad ascoltare, e
avrebbero capito. L'evento consiste nel fatto che una proposta politica, "50
e 50", si ritrova ad essere il precipitato di una corrente e di un tempo che
in assenza di progetto non riuscivano a esprimersi.
Dare forma, a una corrente nel tempo (corrente di vite, di desideri e
necessita', di pensiero e di preoccupazioni materialissime) e' arte
politica. E non si realizza a tavolino, nemmeno spendendo tutta
l'intelligenza di una o di molte. E' successo che un'associazione, l'Udi,
fiutando l'aria per alcuni anni con sensibilita', quasi di colpo si e' fatta
lievito in un impasto. Dire che l'ha deciso ai miei occhi e' troppo: cosi'
e' accaduto, e per qualsiasi organizzazione, di donne o di uomini, questa e'
un'avventura, di quelle che trasformano e sollecitano trasformazione
attorno.
Essere lievito non e' come mettere ordine in una casa e dirla propria, e'
quasi il contrario: e' contare su una uscita nel mondo di persone e di
ragioni alla ricerca di un altro spazio, dove circolino insieme liberta' e
responsabilita'.
Ma vale la pena di fermarsi qui, perche' sara' la campagna a raccontare che
cosa vuol dire essere lievito, le parole per dirlo verranno poi, nate da
un'esperienza che potrebbe andare ben oltre cio' che ora immaginiamo. Un
esperienza produttrice di eventi inediti, a catena, se la fiducia nelle
sorprese prodotte dal coraggio politico sara' forte. E anche in questo, nel
coraggio: le donne prima di tutti, e avanti a tutti? Puo' succedere.

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