giovedì 31 maggio 2007

APRIAMO UN CONFRONTO TRA DONNE

Ciao a tutte.
Come già avevo detto ad alcune di voi, col mio circolo abbiamo pensato di aprire uno spazio di riflessione e confronto tra donne.
Vi incollo il comunicato qui sotto.
Aspettiamo anche voi!!
Tati

APRIAMO UN CONFRONTO TRA DONNE

In quest’ultimo periodo stanno accadendo fatti che ci hanno spinte a fare alcune riflessioni in quanto donne. A Padova l’ordinanza di Zanonato contro la prostituzione ha fatto tornare alla ribalta discorsi vecchi e triti sulla morale, il senso del pudore, l’uso dei corpi delle donne. A livello nazionale il Family Day e la Conferenza nazionale sulla famiglia ci riportano indietro di decenni rispetto al ruolo delle donne nella società e nella famiglia.
È la prosecuzione coerente degli attacchi degli ultimi anni alla nostra libertà e autodeterminazione, il cui esempio peggiore è stata la legge 40 sulla procreazione assistita, in occasione della quale non pochi sono stati i tentativi di minacciare il diritto all’aborto, conquistato con anni di lotte. È una prosecuzione coerente nonostante il governo all’epoca fosse di destra, perché purtroppo sembra che, rispetto a certe tematiche, non siano più così grandi le differenze tra la destra e la sinistra, soprattutto quella cattolica.
Una certa sinistra si sta appunto sempre più prostrando ai piedi della Chiesa, che sembra ormai riesca a fare il bello e il brutto tempo in un mondo politico che dovrebbe essere laico. Il potere del Vaticano ha in effetti un ruolo fondamentale in tutto quello che sta accadendo, ma sembra che molti non se ne accorgano o si rifiutino di ammetterlo. Quel potere però non esiste di per sé, ma proprio perché le istituzioni lo permettono, perché rinunciano vergognosamente al loro ruolo costituzionale, che è quello di operare indipendentemente e laicamente.
In tutto ciò forse nemmeno le donne si accorgono che la loro libertà è minacciata: i discorsi sulla famiglia e i suoi diritti implicano, ormai apertamente, la centralità del ruolo di cura, che continua ad essere visto come tipicamente femminile; le dichiarazioni sulla vita e i diritti dell’embrione sottintendono la limitazione della salute della madre e così via.
Pensiamo che le donne debbano avere un ruolo centrale nel contrastare tali derive della politica (istituzionale e non), ma vorremmo capire quale ruolo. Cosa vogliamo? Quali sono le nostre priorità nell’agenda politica cittadina e nazionale?
Per rispondere a queste domande, per trovarne altre, per vederci in faccia e confrontarci, invitiamo ad una discussione collettiva le donne delle varie realtà padovane e tutte coloro
che sentano come noi la necessità di approfondire questi temi.
Incontriamoci

LUNEDÌ 4 GIUGNO alle 21
nella Sala ex Dazio
in Riviera Paleocapa 98

Circolo Lesbico Drasticamente

martedì 29 maggio 2007

"La donna è un essere «occasionale»" (?!)

Simone de Beauvoir, introduzione a "Il Secondo Sesso"

Se la sua funzione di femmina non basta a definire la donna, se ci rifiutiamo anche di spiegarIa con «l'eterno femminino» e se ciò nonostante ammettiamo che, sia pure a titolo provvisorio, ci sono donne sulla terra, dobbiamo ben proporci la domanda: che cosa è una donna?
L'enunciazione stessa del problema mi suggerisce subito una prima risposta. È significativo che io lo proponga.
A un uomo non verrebbe mai in mente di scrivere un libro sulla singolare posizione che i maschi hanno nell'umanità. Se io voglio definirmi, sono obbligata anzitutto a dichiarare: «Sono una donna»; questa verità costituisce il fondo sul quale si ancorerà ogni altra affermazione. Un uomo non comincia mai col classificarsi come un individuo di un certo sesso: che sia uomo, è sottinteso.
È pura formalità che le rubriche: maschile, femminile appaiono simmetriche nei registri dei municipi e negli attestati d'identità. Il rapporto dei due sessi non è quello di due elettricità, di due poli: l'uomo rappresenta insieme il positivo e il negativo al punto che diciamo «gli uomini» per indicare gli esseri umani, il senso singolare della parola vir essendosi assimilato al senso generale della parola homo.
La donna invece appare come il solo negativo, al punto che ogni determinazione le è imputata in guisa di limitazione, senza reciprocità.
Mi sono irritata talvolta, durante qualche discussione, nel sentirmi obiettare dagli interlocutori maschili: «voi pensate la tal cosa perché siete una donna»; ma io sapevo che la mia sola difesa consisteva nel rispondere: «la penso perché è vera», eliminando con ciò la mia soggettività, non era il caso di replicare: «E voi pensate il contrario perché siete un uomo»; perché è sottinteso che il fatto di essere un uomo non ha nulla di eccezionale. Un uomo è nel suo diritto essendo tale, è la donna in torto.
Praticamente, nello stesso modo che per gli antichi c'era una verticale assoluta in rapporto alla quale si definiva l'obliquo, esiste un tipo umano assoluto, che è il tipo maschile. La donna ha delle ovaie, un utero; ecco le condizioni particolari che la rinserrano nella sua soggettività: si dice volentieri «pensa con le sue glandole». L'uomo dimentica superbamente d'avere un'anatomia, che comporta ormoni e testicoli. Egli intende il proprio corpo come una relazione diretta e normale con il mondo che crede di afferrare nella sua oggettività, mentre considera il corpo della donna appesantito da tutto ciò che lo distingue: un ostacolo, una prigione.
«La femmina è femmina in virtù di una certa assenza di qualità», diceva Aristotele. «Dobbiamo considerare il carattere delle donne come naturalmente difettoso e manchevole»; e S. Tommaso ugualmente decreta che la donna è «un uomo mancato», un essere «occasionale».
Che Dire?!

lunedì 28 maggio 2007

Specchi deformanti...

"Per secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi dal potere magico e delizioso di riflettere la figura dell’uomo ingrandita fino a due volte le sue dimensioni normali.”

Virginia Woolf, "Una stanza tutta per sè"

E se lo dice lei...

Femminilità combattiva

Un esempio di combattività ante litteram :)
perchè, diciamocelo,
le donne sono fondamentalmente pacifiste,
ma non certo sempre PACIFICHE...

Da "Il barbiere di Siviglia" Gioacchino Rossini 1816
Aria "una voce poco fa", Rosina

...
lo sono docile,
son rispettosa,
sono ubbediente,
dolce, amorosa;
mi lascio reggere,
mi fo guidar.
Ma se mi toccano
dov'è il mio debole,
sarò una vipera
e cento trappole
prima di cedere
farò giocar.

venerdì 25 maggio 2007

DISCORSO PUBBLICO 24 MAGGIO 2007

SALVE, PARLO A NOME DI UN GRUPPO DI RAGAZZE DAI 19 AI 28 ANNI CHE DA 2 MESI CIRCA SI STANNO CONFRONTANDO SUL TEMA DELLA DEMOCRAZIA PARITARIA E DELLA QUESTIONE DI GENERE PIU' IN GENERALE IN ITALIA.
QUESTO GRUPPO E' NATO PARALLELAMENTE AD UN CORSO DI FORMAZIONE CHE ACS (ONG DI PADOVA CHE SI OCCUPA DI COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E INTEGRAZIONE SOCIALE) HA ORGANIZZATO QUEST'INVERNO DAL TITOLO 'IL RUOLO DELLA DONNA NEI PROCESSI DI SVILUPPO' IN CUI SI E' PARLATO UN PO' DELLA SITUAZIONE DELLE DONNE DEL SUD DEL MONDO.
FATTO STA CHE E' NATA L'ESIGENZA TRA LE PARTECIPANTI DI DISCUTERE ASSIEME ANCHE E SOPRATTUTTO DELLA SITUAZIONE ITALIANA..ED ECCO CHE E' NATO QUESTO GRUPPO PARALLELO DIRAGAZZE CHE, TRA UNA RIUNIONE E L'ALTRA SPESSO ATTORNO AD UNO SPRITZ IN PIAZZA E TRA UN POST E L'ALTRO PUBBLICATI SUL BLOG CHE ABBIAMO APERTO COME GRUPPO, SONO ARRIVATE ALLE RIFLESSIONI CHE VORREMMO CONDIVIDERE CON VOI CON QUESTA LETTERA.
LA PRIMA DOMANDA CHE ABBIAMO DOVUTO PORCI E' QUESTA....MA STIAMO PARLANDO DI DONNE...SARA' MICA CHE SIAMO 'FEMMINISTE'? C'E' STATA UNA LUNGA DISCUSSIONE SULL'ARGOMENTO. VI ASSICURO CHE NON E' FACILE PER UNA GIOVANE IDENTIFICARSI COME 'FEMMINISTA'....GLI 'ISMI' ORMAI STANNO SCOMODI A TUTTI...E C'E' UNA GRANDE PAURA DI IDENTIFICARSI IN QUALCOSA CHE SEMBRA PIU' GRANDE E PIU' POTENTE DI NOI...QUALCOSA CHE RIMPIANGE IL PASSATO...QUALCOSA CHE NON ABBIAMO INIZIATO NOI...UN 'ISMO' INSOMMA.
ALLORA ABBIAMO DATO ALLA PAROLA FEMMINISTA L'ACCEZIONE CHE PIU' CI ERA CONSONA: ESSERE FEMMINISTA E' PER NOI RICONOSCERE LA DIFFERENZA TRA MASCHILE E FEMMINILE CHE FORMANO L'UNO DELL'UMANITA'. DIFFERENZA PROFONDA A VOLTE NEI RUOLI CHE SI HANNO NELLA SOCIETA', NEGLI INTERESSI, NELLE PRIORITA', NEL MODO IN CUI SI E' SOCIALIZZATI AD AVERE ATTITUDINI DIVERSE ALLA VITA. E QUINDI ANCHE UNA DIFFERENZA NEL MODO DI FARE POLITICA. A PARTIRE DA QUESTA CONSAPEVOLEZZA, CHI SI DEFINISCE COME FEMMINISTA SI IMPEGNA PER LA TRASFORMAZIONE SOCIALE, LA ROTTURA DEGLI STEREOTIPI DI GENERE, LA ROTTURA DEGLI SCHEMI DI POTERE ESISTENTE TRA I DUE GENERI. SI ROMPE CON L'ORDINE DATO, LO SI DESTRUTTURA, PER PORTARLO AD ESSERE PIU' CONSONO ALLE ESIGENZE DI CHI VUOLE VIVERE IN LIBERTA' LA VITA CHE HA SCELTO DI VIVERE.
SIAMO CONVINTE CHE ESSERE FEMMINISTE NON E' SOLO LOTTARE PER I DIRITTI DELLE DONNE, MA ANCHE PER LA LIBERTA' DEGLI UOMINI. SIAMO CONVINTE CHE LE GABBIE DEGLI STEREOTIPI DI GENERE, LA SOCIETA' GERARCHICA E BASATA SUL CONTROLLO DEL PIU' FORTE SUL PIU' DEBOLE, LE DICOTOMIE BIANCO-NERO, LA VIOLENZA E LE GUERRE COME STRUMENTO DI RISOLUZIONE DEL CONFLITTO, CHE IL PATRIARCATO HA CREATO NEL CORSO DEI SECOLI, LI RENDE TUTTI IN GRAN PARTE VITTIME DEL LORO STESSO SISTEMA. NOI SIAMO VITTIME DUE VOLTE. PER QUESTO CI OPPONIAMO IDEALISTICAMENTE NON AGLI UOMINI IN QUANTO TALI MA AGLI UOMINI E ALLE DONNE CHE DESIDERANO MANTENERE INTATTI GLI ATTUALI SCHEMI DI POTERE...L'ATTUALE FUNZIONAMENTO SOCIALE E INTERNAZIONALE.
POI ABBIAMO DISCUSSO DI DONNE E DI POLITICA.
L'ITALIA E' CERTAMENTE UN CASO ANOMALO, SIAMO PARTITE DA QUI.
PAESI A NOI VICINI COME SPAGNA, AUSTRIA, GERMANIA, PAESI NORDICI STANNO GIA' OLTRE IL 30% DI DONNE IN PARLAMENTO. MA, PER ESSERE CHIARI QUESTA COSA SEMBRA NON DIPENDERE MOLTO DALLA RICCHEZZA CHE HA UN PAESE: INFATTI ECCO CHE TROVIAMO PAESI IN VIA DI SVILUPPO CHE HANNO TASSI DI PRESENZA FEMMINILE OLTRE IL 30 % COME ARGENTINA, BURUNDI, TANZANIA, SUD AFRICA, MOZAMBICO E COSTA RICA, PER CITARNE ALCUNI. IL RWANDA VEDE META' DEL SUO PARLAMENTO AL ROSA.
IL LIVELLO DI RAPPRESENTAZIONE FEMMINILE NEL NOSTRO PAESE E' SUI LIVELLI DI QUELLA DEL TURKMENISTAN(con nulla togliere al Turkmenistan), UN MAGRISSIMO 15%.
PERO' E C'E' UN PERO' ANCHE GLI STATI UNITI ARRIVANO APPENA AL 15%, LA FRANCIA AL 12%...CI SARA' DUNQUE DA STARE ALLEGRI? CERTO CHE NO SE PENSIAMO CHE ALMENO QUESTI PAESI HANNO VISTO E STANNO VEDENDO COME CANDIDATE ALLA PRESIDENZA DUE DONNE. PER QUANTO CIO' POSSA SIGNIFICARE....MA ALMENO C'E' L'OCCASIONE PER POTERSELO DOMANDARE.

L'ITALIA E' UN PAESE CHE NON STA PIU' DIETRO AL RESTO DEI SUOI COLLEGHI PER QUANTO RIGUARDA IL PROGRESSO VERSO L'UGUAGLIANZA DI GENERE. NON SOLO I PROGRESSI SONO LENTISSIMI MA ADDIRITTURA STIAMO ASSISTENDO A DELLE PREOCCUPANTI ONDE DI RIFLUSSO. BASTI PENSARE AGLI ATTACCHI ALLA LEGGE 194, AL PRECARIATO CHE SPINGE SEMPRE PIU' DONNE A RITORNARE TRA LE MURA DOMESTICHE, AL DECLINO DELLO STATO SOCIALE CHE CARICA SEMPRE PIU' IL LAVORO DI CURA SOCIALE SULLE SPALLE DELLE SOLE DONNE.
SE QUESTO NON BASTASSE PRENDIAMO UN PO' DI DATI: L'UNDP NEL 1995 DENUNCIAVA COME LE DONNE ITALIANE FOSSERO QUELLE CHE LAVORAVANO DI GRAN LUNGA PIU' DEGLI UOMINI, TRA LAVORO RETRIBUITO E NON, TRA I PAESI SVILUPPATI.
IL COMITATO PER L'OSSERVAZIONE DELLA CONVENZIONE SULL ELIMINAZIONE DI TUTTE LE FORME DI DISCRIMINAZIONE CONTRO LE DONNE NEL 2005 SI DICEVA MOLTO PREOCCUPATO DEL CASO ITALIANO, ACCUSANDO IN PARTICOLARE I NOSTRI MEDIA DI FORNIRE UNA RAPPRESENTAZIONE FEMMINILE DISTORTA E DISCRIMINATORIA.
DA ULTIMO UN RAPPORTO PUBBLICATO NEI PRIMI MESI DEL 2007 CI DICE CHE ADDIRITTURA 9 MILIONI DI DONNE AVREBBERO SUBITO UNA FORMA DI VIOLENZA DA PARTE DI UN UOMO NEL CORSO DELLA LORO VITA. OSSIA IL 30% DI NOI. OSSIA UNA DONNA SU TRE.

MA PERCHE' NON SI FA NIENTE, PERCHE' E' COSI' LA SITUAZIONE?
CE LO SIAMO CHIESTE A GRAN VOCE...CI SIAMO RISPOSTE CHE EVIDENTEMENTE AL NOSTRO PARLAMENTO NON ESISTE NEMMENO UN DEPUTATO O UNA DEPUTATA CHE RISCHIEREBBE POSTO E FACCIA IN QUELLA CHE POTREBBE RISULTARE UNA BATTAGLIA PERSA. EH SI ....SEMBRA PROPRIO CHE ULTIMAMENTE LE BATTAGLIE SUI DIRITTI DELLE DONNE NON INCONTRINO TROPPO FAVORE, SIA ALL'INTERNO DEL NOSTRO PARLAMENTO SIA NELLA SOCIETA' INTERA.
INFATTI SEMBRA CHE TUTTI E TUTTE DICANO: MA COSA VOGLIONO ANCORA QUESTE? ORA ORMAI I DIRITTI CE LI HANNO TUTTI! STRANO NOTARE COME L'IMPRESSIONE CHE VIENE DA OLTRE CONFINE SIA BEN DIVERSA....
MA PERCHE' NON SI E' PIU' VICINI AI PROBLEMI DELLE DONNE? PERCHE' NON CI SI INDIGNA PIU'?
LA PRIMA COSA E' LA RIPROVAZIONE CHE UNA SI SENTI ADDOSSO NON APPENA OSI PRONUNCIARE DISCORSI A FAVORE DELLE DONNE... VIENI GUARDATA MALISSIMO, TACCIATA DI ESSERE UNA FEMMINISTA E QUESTA SEMBRA ESSERE ORMAI UNA DELLE OFFESE PIU' GRANDI OLTRE ALLA SOLITA IPERUSATA ESPRESSIONE CHE NON CITERO' PERCHE' SE NE PARLA ANCHE A SPROPOSITO ULTIMAMENTE A PADOVA.
IL MOVIMENTO FEMMINISTA E LA SUA VALENZA SUL PIANO STORICO, SOCIALE E POLITICO IN ITALIA E' STATO DILEGGIATO E DECOSTRUITO NEL CORSO DEGLI ANNI E ORMAI L'IMPRESSIONE CHE SE NE HA E' CHE SIA TRATTATO SOLO DI UN MANIPOLO DI ISTERICHE CHE BRUCIAVANO I REGGISENI.
LE DONNE, AVENDO SMESSO NEL CORSO DEGLI ANNI DI FARE DISCORSI SULLA PROPRIA CONDIZIONE PER REAZIONE, HANNO SMESSO ANCHE DI ESSERE CONSAPEVOLI DELLA PROPRIA IDENTITA' DI GENERE. SI DICE CHE CHI HA I PRIVILEGI NON LI VEDE, QUI SEMBRA CHE ANCHE CHI E' SVANTAGGIATO NON RIESCA NEANCHE PIU' A VEDERLO COME UN PROBLEMA. E' COSI' E BASTA. E CHI HA AIUTATO QUESTE DUE PRIME COSE A SUCCEDERE?
CERTAMENTE I NOSTRI PRESTIGIOSI MEDIA, CHE SI SONO NOTEVOLMENTE IMPEGNATI A CREARE PER LE GENERAZIONI NATE DAGLI ANNI '80 IN POI UNA CAPPA INVISIBILE DI VITA PERFETTA E SENZA PROBLEMI SOTTO LA QUALE POTER VIVERE IN LIBERTA' LA PROPRIA VITA INDIVIDUALE, DISINTERESSARSI DEGLI ALTRI, PERCHE' GLI ALTRI STANNO TUTTI BENE E SE NON STANNO BENE E' PERCHE' NON SONO COME NOI. ED ECCO TUTTO. QUESTO PERMETTE AI GIOVANI D'OGGI DI NON CURARSI DI COSA GLI SUCCEDA INTORNO. I NOSTRI COETANEI NON RICONOSCONO IL FATTO DI ESSERE MANOVRATI SILENZIOSAMENTE. PENSANO DI ESSERE PIU' LIBERI CHE MAI...ED ECCO INVECE CHE SONO PIU' PRIVI DI LIBERTA' DI UNA VOLTA. HANNO SICURAMENTE PERSO LA LIBERTA' DI PENSARE CON LA PROPRIA TESTA.
E QUI VENGO ALLA SECONDA DELLE RAGIONI CHE SPIEGANO PERCHE' LE DONNE STIANO PERDENDO LA PROPRIA COSCIENZA DI GENERE.
LE NUOVE GENERAZIONI SONO STATE EDUCATE DA UNA SCUOLA E DA UNA SOCIETA' CHE NON HA MAI SAPUTO E VOLUTO TRASMETTERE LORO L'IMPORTANZA DI AVERE UN PENSIERO CRITICO ED AUTONOMO. INSOMMA QUESTA GENERAZIONE X NON E' CERTO NATA SOTTO I CAVOLI.
ECCO QUINDI CHE CI RITROVIAMO CON INVECE CHE UN FEMMINISMO DIFFUSO, DI CUI TANTO SI E' PARLATO, CON UN ANTIFEMMINISMO DIFFUSO.
PER QUANTO RIGUARDA LE DONNE E LA POLITICA POI BISOGNA FARE UN DISCORSO ANCORA PIU' GENERALE E RACCONTARE DI COME LA POLITICA STIA VIVENDO LA SUA PIU' PROFONDA FASE DI CRISI IN ITALIA.
ED E' SOPRATTUTTO UNA CRISI DI SINISTRA, UNA SINISTRA CHE NON HA PIU' IL CORAGGIO DI STARE A SINISTRA. UNA SINISTRA CHE HA PERSO LE SUE POSIZIONI, LE TRASFORMA E LE APPIATTISCE. UNA SINISTRA CHE E' SEMPRE PIU' LONTANA DALLA GENTE. NON DIFENDE COSE BASILARI COME LO STATO SOCIALE, L'EDUCAZIONE, LA FAMIGLIA STESSA, E LASCIA CHE LE DESTRE NE FACCIANO I PROPRI CAVALLI DI BATTAGLIA.
NEPPURE LA LAICITA' SONO IN GRADO DI DIFENDERE, ORMAI CI SIAMO CONVINTI DI AVERE UNA VIA ITALIANA ALLA LAICITA', UNA VIA IN CUI, IL VATICANO E' IL PRIMO REFERENTE E INTERPRETE DELLE ISTANZE E DELLE PROBLEMATICHE CHE LA POPOLAZIONE SEMBREREBBE VIVERE.
ORAMAI A CAUSA DELLA CRISI DELLA POLITICA, ALTRE FORZE PIU' POTENTI POSSONO ALZARE SENZA PROBLEMI LA LORO VOCE. SPAURITI COME SONO SI PERDERE VOTI ASCOLTANO SOLAMENTE CHI DALLA SOCIETA' ALZA LA VOCE PIU' FORTE.
MA IN UNO SCENARIO DEL GENERE MA CHE TIPO DI DIFFERENZA FA ESSERE DI DESTRA O DI SINISTRA? LA POLITICA E' DISTANTE DALLA E GENTE E SOPRATTUTTO DAI GIOVANI....E QUESTO NON FA BEN SPERARE PER LA NOSTRA DEMOCRAZIA!
VORREI ORA PORRE L'ATTENZIONE SUL FATTO CHE LA CRISI DELLA POLITICA SIA SOSTANZIALMENTE IMPUTABILE AD ALL'ELITE SOCIALE CHE DETIENE IL POTERE IN QUESTO PAESE: UN'ELITE MASCHIA, OVER 50, DI CLASSE ALTA, BIANCA, CATTOLICA ED ETEROSESSUALE.
ED E' PER QUESTO CHE SOSTENIAMO LA PROPOSTA DELL'UDI, SULL'INTRODUZIONE DELLE QUOTE ROSA AL 50% IN ITALIA.
La politica è uno spazio maschile, e se non si fanno misure affermative per rompere l'ordine dato saprà dura ma proprio dura che le donne arriveranno a far politica nei prossimi anni. Anzi potremmo benissimo assistere ad una diminuzione delle donne in politica se le cose vanno avanti così.
LA SOSTENIAMO ANCHE PER ALTRE RAGIONI:
LA PRIMA E' CHE SIAMO CONVINTE CHE PIU' DONNE AL POTERE SARANNO DI AIUTO ALLA ROTTURA DEGLI STEREOTIPI DI GENERE, OFFRIRANNO UN MODELLO PER TUTTE NOI CHE CI SCOPRIREMO IN UN PAESE IN CUI VESPA SIA COSTRETTO AD OSPITARE POLITICHE DONNE QUANDO VOGLIA PARLARE DI ECONOMIA, DI LAVORO, DI GIUSTIZIA.
VORREMMO POTER AVERE MODELLI FEMMINILI DIVERSI E POSITIVI IN TV, OLTRE ALLA VELINA, LA VALLETTA, LA SUORA LA PUTTANA E LA MAMMA CHE UCCIDE I PROPRI FIGLI.
SPESSO MI SONO DOMANDATA PERCHE' LE DONNE PENSINO TUTTE CHE IL NUDO MASCHILE SIA ESTETICAMENTE PIU' BRUTTO DI QUELLO FEMMINILE. POI HO CAPITO CHE BASTA ACCENDERE LA TELEVISIONE PER CAPIRE CHE CHIARAMENTE FINO ALLA MEMORABILE PUBBLICITA' DELLA 'LACOSTE' NESSUNA IN TV AVEVA MAI VISTO UN BEL NUDO MASCHILE. DEL RESTO LA TV IN ITALIA DEVE PROPRIO ESSERE GUARDATA SOLO DA UOMINI PERCHE' E' PROPRIO FATTA SU MISURA PER LORO.
UN ALTRO MOTIVO E' QUESTO: PENSIAMO CHE SIA UN MOTIVO DI GIUSTIZIA. SIAMO IL 52% DELLA POPOLAZIONE EPPURE ' COME SE NON ESISTESSIMO. LA POLITICA, LA SCIENZA, L'ECONOMIA, LA LETTERATURA, LA STORIA, LA FILOSOFIA, I POSTI DI LAVORO PARLANO SOLO AL MASCHILE. EPPURE CI SEMBRANO PARLARE AL NEUTRO DA QUANTO SIAMO INTONTITE.
E PER FINIRE UN ULTIMO APPUNTO ALLE DONNE CHE GIA' SIEDONO NEI LUOGHI DEL POTERE. ESSE NON CI RAPPRESENTANO, UN PO' HANNO DOVUTO SMETTERE DI ESSERE DONNE PER POTER FAR POLITICA. EPPURE NOI LE AMMIRIAMO, E LE CAPIAMO SE NON RIESCONO A LOTTARE PIU' DI TANTO PER I DIRITTI NOSTRI. DEL RESTO SONO UNA MINORANZA E COME TUTTE LE MINORANZE, NON HANNO MAI CONTATO MOLTO.
DICONO CHE PER FAR POLITICA CI SERVANO I .....
EPPURE LA GENTE IN QUESTO MOMENTO NON CHIEDE QUESTO: CHIEDE AI POLITICI DI ESSERE PIU' ONESTI, PIU' TRASPARENTI, DI ASCOLTARE DI PIU' LA GENTE, DI PARLARE MENO E AGIRE DI PIU'...INSOMMA FORSE L'ITALIA NON LO SA MA STA CHIEDENDO GIA' ORA PIU' DONNE AL POTERE.
LE DONNE LO LORO CONQUISTE SE LE SONO SEMPRE PROCURATE LOTTANDO DALL'ESTERNO. NIENTE E' VENUTO SUA SPONTE DAL PARLAMENTO. E ANCORA UNA VOLTA SARA' NECESSARIO LOTTARE. E ANCHE NOI SIAMO QUI.
PER QUESTO CHIEDO A CHI VOLESSE CONOSCERCI MEGLIO, APPROFONDIRE LE NOSTRE RIFLESSIONI MA SOPRATTUTTO PARTECIPARE A QUESTO GRUPPO, DI VISITARE IL NOSTRO BLOG www.padovadonne.blogspot.com E DI SCRIVERE UNA MAIL A QUESTO INDIRIZZO padovadonne@libero.it QUALORA VOLESSE FARNE PARTE.

LE RAGAZZE DEL BLOG

giovedì 24 maggio 2007

GUARDATE QUANTO LAVORANO LE DONNE IN ITALIA!!!! dal rapporto sullo sviluppo umano dell'UNDP 1995

SONDAGGIO- Italia fanalino di coda rispetto alla rappresentanza politica

Italia fanalino di coda rispetto alla rappresentanza politica
Gli ultimi mesi, e soprattutto gli ultimi giorni, hanno portato al centro del dibattito pubblico e istituzionale la scarsa presenza delle donne in politica. Il tema si affianca a quello, più generale, sulle pari opportunità, ed ha portato ad interrogarsi sugli elementi che possono fornire effettiva sostanza a tale principio. Quali cambiamenti sociali e culturali possono concorrere al una maggiore rappresentanza femminile in politica e nella società? I provvedimenti legislativi sono in grado di favorire una maggiore presenza delle donne in politica? Le pari opportunità possono essere imposte per legge? Eurispes ha dedicato al tema un’ampia scheda (la n. 21), che, dato appunto l’attualità vi proponiamo integralmente. Intervistando un campione di 1.070 cittadini, rappresentativi della popolazione italiana maggiorenne distinta per sesso, età ed area geografica, l’indagine campionaria dell’Eurispes ha evidenziato che appena l’8,3% del campione ritiene che le donne siano già sufficientemente rappresentate e che pertanto non sia necessario favorirne una maggiore presenza, con lievi differenze tra donne e uomini; al contrario, l’area politica di riferimento risulta essere significativa nel rispondere alla domanda. La percentuale di quanti non giudicano necessari interventi a favore della femminilizzazione della politica, pari al 3% tra gli elettori di sinistra e al 3,7% tra quelli del centro-sinistra, sale al 6,6% tra gli intervistati politicamente orientati al centro e raggiunge i valori più elevati tra gli elettori di centro-destra (17,2%) e di destra (al 20,6%). Quasi nessuno degli intervistati ritiene dunque le donne già sufficientemente rappresentate in politica. Invece il campione si spacca rispetto alle capacità che le donne devono dimostrare di avere per affermarsi in questo campo. Invitati, infatti, ad esprimere il proprio grado di accordo con l’affermazione secondo cui una donna per affermarsi in politica deve dimostrare di essere molto più brava rispetto ad un uomo, gli intervistati si dividono tra coloro, il 50,7%, che si dichiarano poco o per niente d’accordo e quanti, il 48,3%, si dicono al contrario abbastanza o del tutto d’accordo. Lo 0,9%, diversamente, non ha voluto o saputo esprimere la propria opinione al riguardo. Tra gli uomini prevale il disaccordo verso questa affermazione (infatti si dicono poco o per niente d’accordo nel 54,1% dei casi, abbastanza o del tutto d’accordo nel 45%). Al contrario, all’interno della componente femminile l’idea che una donna per affermarsi in politica debba dimostrare di essere molto più brava di un uomo trova un consenso maggioritario (51,4%); tuttavia, una significativa minoranza di donne, il 47,7%, esprime il proprio disaccordo. È dunque la difficoltà di ingresso in politica a preoccupare le donne, più che la capacità di affermarsi in questo campo. In relazione all’area politica di riferimento, è possibile evidenziare che la percentuale di quanti si dichiarano abbastanza o del tutto d’accordo con l’idea secondo la quale una donna per affermarsi in politica debba dimostrare di essere molto più brava rispetto ad un uomo, pari a circa il 52% tra gli intervistati di sinistra e centro-sinistra, sia minoritaria tra gli elettori di differente orientamento. Sono infatti poco o per niente d’accordo il 54,5% degli intervistati di centro-destra, il 55,8% di quelli di centro ed il 60,3% degli elettori di destra. La distribuzione dei dati per classe d’età consente infine di sottolineare come l’idea in base alla quale una donna per affermarsi in politica debba dimostrare di essere molto più brava rispetto ad un uomo, condivisa abbastanza o del tutto da oltre la metà degli intervistati tra i 25 e i 44 anni, è ritenuta poco o per niente veritiera da una quota maggioritaria di giovanissmi (57,8%) e da oltre la metà degli over 44. Agli intervistati è stato chiesto di esprimere la propria opinione in merito alle ragioni sottese alla scarsa presenza delle donne in politica. La maggioranza del campione (il 54%) ritiene che le donne in politica siano discriminate. Ad essi si aggiungono quanti (il 21,9%) attribuiscono la mancata presenza di un numero consistente di donne in politica alla difficoltà di conciliare un impegno di questo genere con i carichi familiari e professionali: le donne, dunque, secondo questi intervistati, non sono discriminate in modo intenzionale ma di fatto, in quanto la distribuzione di ruoli tra i due generi ne ostacola concretamente l’ingresso in politica. Decisamente meno diffusa l’opinione che ritiene la totalità delle donne non interessata alla politica (11,5%), così come quella di quanti ritengono il genere femminile scarsamente preparato (7,4%).
Donne discriminate? L’analisi dei dati per sesso consente di rilevare un certo grado di accordo tra i due generi in merito alle ragioni della scarsa presenza delle donne in politica. È possibile osservare, infatti, come la percentuale di quanti ritengono che in questo campo esista una discriminazione verso le donne, pari al 57% tra la componente femminile del campione, resti maggioritaria anche tra gli uomini (50,8%). Inoltre, la loro esigua presenza è attribuita alla difficoltà di conciliare l’impegno politico con i carichi familiari e professionali dal 21,6% degli uomini, una percentuale solo leggermente inferiore a quella femminile (22,1%). Anche l’opinione che le donne in politica siano poche perché non sufficientemente preparate o per via di una loro generale mancanza di interesse è condivisa da una percentuale molto simile di uomini e donne (pari, rispettivamente, al 19,9% e al 18%). Nel complesso, dunque, non emerge un pensiero pregiudizioso da parte degli uomini nei confronti della presenza femminile in politica. Sono le stesse interessate, seppur in una minoranza di casi, a sentirsi poco preparate e/o interessate. Se esiste, il pregiudizio verso la presenza femminile in politica investe le donne tanto quanto gli uomini. In relazione all’area politica di riferimento, è possibile evidenziare come la scarsa presenza femminile in politica sia attribuita al fatto che le donne in questo campo sono discriminate dalla maggioranza degli intervistati di centro-sinistra (63,6%) e sinistra (62,8%); lo stesso convincimento esprimono, sebbene in misura minore, quanti non si identificano in un determinato schieramento politico (55,4%) o si collocano al centro (54,1%). A destra e al centro-destra, diversamente, la quota di quanti abbracciano questa spiegazione, pur maggioritaria, scende, rispettivamente, al 44,1% e al 36,9%. Tra gli intervistati di centro-destra, in particolare, trova un consenso significativo l’opinione secondo cui la scarsa presenza femminile in politica derivi dal fatto che le donne non sono interessate (19,7%) o non sono sufficientemente preparate (15,6%): queste due ragioni sono addotte, nel complesso, da oltre il 35% degli intervistati appartenenti a questa area politica, mentre hanno scarso seguito soprattutto tra gli elettori di sinistra (9,8% delle risposte complessive). Infine l’idea che le donne siano poche perché già troppo impegnate a conciliare casa e lavoro è diffusa soprattutto tra gli elettori di centro, che la sposano nel 29,5% dei casi (contro una media del 21,9%). Lo scorporo dei dati per classe d’età consente di rilevare una maggiore tendenza da parte dei giovanissimi (18-24 anni) ad attribuire la scarsa presenza delle donne in politica ad una mancanza di interesse delle dirette interessate (16,5% delle risposte, 5 punti percentuali sopra il dato medio). Tra gli intervistati ultra 64enni, al contrario, è possibile registrare un consenso superiore alla media verso l’opinione che vuole le donne assenti dalla politica perché non sufficientemente preparate (10,5%, contro il 4,6% dei giovanissimi).
Donne acrobate. Inoltre, bisogna sottolineare che l’alta percentuale di intervistati appartenenti alla fascia centrale d’età (35-44 anni), attribuiscono la scarsa presenza femminile in politica alla difficoltà di conciliare l’impegno politico con la casa e il lavoro: essi sono ben il 30,8%, circa 9 punti percentuali in più rispetto alla media. Le acrobazie fatte dalle donne nella vita quotidiana per armonizzare le diverse attività sono dunque avvertite da questa classe d’età come l’ostacolo più rilevante ad una partecipazione attiva alla politica, in misura molto superiore rispetto a quanto è stato affermato dai più giovani (11%), probabilmente costretti in misura minore ad affrontare questi problemi. È invece tra di essi che è maggiormente diffusa l’opinione che le donne in politica siano discriminate (62,4% delle risposte, contro una media del 54%).
“Quote rosa”. Il secondo quesito concerne le cosiddette “quote rosa” in base alle quali, secondo quanto proposto a livello legislativo, una quota minima di candidati al Parlamento dovrebbe essere riservata alle donne. Ebbene, due intervistati su tre si dicono favorevoli all’introduzione delle quote poichè ritengono che l’imposizione per legge di un determinato numero di posti riservati alle donne sia l’unico modo di garantire una certa presenza femminile in politica. Il 16,1%, diversamente, esprime il proprio disaccordo verso la loro introduzione, in quanto è dell’opinione che le donne debbano conquistarsi le cariche pubbliche al pari degli uomini. Il 14%, infine, è sfavorevole perché ritiene che non sia attraverso un’imposizione di tipo legislativo che si possono creare le pari opportunità e che queste vadano perseguite creando le condizioni che possano assicurare alle donne un’effettiva partecipazione alla vita pubblica. Sono le donne ad esprimere maggiore consenso verso le quote rosa: il 67,8% di esse le considera l’unico modo per garantire la presenza femminile in politica, a fronte di un dato maschile del 65,4%. Tra gli uomini, invece, è più elevata la percentuale di quanti esprimono la propria contrarietà verso l’introduzione delle quote in quanto ritengono che le pari opportunità si ottengano solo creando le condizioni per un’effettiva partecipazione delle donne alla vita pubblica (15,6%, contro un dato femminile del 12,6%). È plausibile pensare che le donne siano più scettiche rispetto alla possibilità di un cambiamento strutturale, stanche in qualche modo di aspettare le condizioni che possano garantire loro la possibilità di avere effettivamente le stesse opportunità degli uomini di dedicarsi alla politica. In relazione all’area politica di riferimento, il consenso verso l’introduzione delle quote rosa, maggioritario in maniera trasversale ai diversi orientamenti, registra i valori più elevati tra gli intervistati di centro-sinistra (74,7%) e di centro (73,8%), i quali individuano in questo strumento l’unico modo per garantire la presenza delle donne in politica. La quota di favorevoli, pari 62,2% tra gli intervistati di sinistra, scende al 61,8% tra quanti non sono politicamente schierati ed al 60,3% tra gli elettori di destra, tra i quali è piuttosto elevata la quota di coloro che non hanno un’opinione precisa in merito (8,8%). Si dichiarano contrari all’introduzione delle quote soprattutto gli intervistati di centro-destra (41%) e di sinistra (36,6%). Nello specifico, il 23,8% dei primi ed il 17,7% dei secondi sono sfavorevoli poichè ritengono che le pari opportunità si ottengano solo creando le condizioni che possano consentire alle donne un’effettiva partecipazione alla vita pubblica; diversamente, il 17,2% degli elettori di centro-destra ed il 18,9% di quelli di sinistra si dichiarano contrari perché reputano che le donne debbano conquistarsi le cariche pubbliche al pari degli uomini. Il favore mostrato nei confronti delle quote rosa, quale unico strumento per garantire la presenza femminile in politica, ha i maggiori sostenitori tra gli intervistati tra i 25 e i 34 anni (77,5%), seguiti dalle classi d’età estreme, ovvero gli ultra 64enni (70,9%) e gli under 25 (65,1%). Appaiono più scettici verso l’introduzione di un provvedimento legislativo che imponga una certa presenza femminile tra i candidati al Parlamento, gli interpellati appartenenti alle classi 35-44 anni (tra cui il consenso verso le quote rosa scende al 62,1%) e 45-64 anni (60%), sebbene per motivazioni tendenzialmente differenti. I primi infatti ritengono in misura significativamente più elevata rispetto alla media (20,5%, contro il 14%) che le pari opportunità si ottengano solo creando le condizioni che consentano alle donne un’effettiva partecipazione alla vita pubblica (si ricordi che è la stessa classe che avverte maggiormente gli ostacoli derivanti dai problemi di conciliazione). I secondi, come osservato anche tra i più giovani, spiegano la propria contrarietà alle quote rosa soprattutto col fatto che le donne debbano conquistarsi le cariche pubbliche al pari degli uomini (oltre il 21% delle risposte, a fronte di un dato medio pari al 16,1%). La maggioranza degli intervistati, dunque, è favorevole all’introduzione delle quote rosa, ma il campione è ben lontano dall’individuare in questo strumento legislativo la soluzione al problema delle pari opportunità. Per la maggioranza degli intervistati (il 62,9%) “una legge sulle quote rosa è solo l’inizio per creare pari opportunità tra i sessi in ogni ambito”. I 3/4 del campione (il 74,1%) si dice abbastanza (32,4%) o del tutto d’accordo (41,7%) con la necessità di promuovere un organico sistema di azioni che possano favorire una maggiore partecipazione delle donne alla vita pubblica (misure di conciliazione, ad esempio). Sono ancora una volta le donne a considerare con maggiore favore una eventuale legge sulle quote rosa: il 67,1% di esse, contro il 58,4% degli uomini, si ritiene infatti abbastanza o del tutto d’accordo con l’opinione in base alla quale il provvedimento legislativo rappresenterebbe solo l’inizio per creare pari opportunità tra i sessi in ogni ambito. Prevale comunque, in entrambi i generi, la convinzione che per garantire pari opportunità in politica siano necessarie azioni di più ampio respiro. Infatti il 73,2% delle donne ed il 75,1% degli uomini si dichiarano abbastanza o del tutto d’accordo con l’affermazione che una legge sulle quote da sola è sbagliata e che occorra promuovere azioni che possano favorire una maggiore partecipazione delle donne alla vita pubblica. L’analisi dei dati per area politica di riferimento consente di osservare che una legge sulle quote rosa sarebbe considerata solo l’inizio per creare pari opportunità tra i sessi in ogni ambito soprattutto dagli elettori di centro-sinistra e da quanti non hanno uno specifico orientamento politico (entrambi abbastanza o molto d’accordo in oltre il 65% dei casi). L’analisi per singola modalità di risposta rileva, tuttavia, come il pieno consenso verso l’introduzione delle quote rosa provenga prevalentemente dagli intervistati di sinistra, del tutto d’accordo nell’affermare che un provvedimento del genere potrebbe innescare un circolo virtuoso di pari opportunità in ben il 41,5% dei casi (contro il 26,2% registrato tra gli elettori di centro-destra). Poco o per niente d’accordo il 42,7% degli intervistati collocati al centro degli schieramenti politici, seguiti da quelli di centro-destra (38,6%) e destra (38,2%). L’affermazione “Una legge sulle quote rosa da sola è sbagliata, andrebbero invece promosse azioni che possano favorire una maggiore partecipazione delle donne alla vita pubblica (misure di conciliazione famiglia lavoro, più asili nido, maggiore ripartizione dei carichi familiari tra i due sessi, ecc)”, è pienamente condivisa dagli intervistati di tutte le aree politiche; tuttavia è più diffusa tra quanti si collocano a sinistra o a destra (abbastanza o del tutto d’accordo in circa 4 casi su 5), mentre registra una quota di consensi minore tra gli elettori di centro-destra, poco o per niente d’accordo nel 29,5% dei casi. Ottimismo sul fatto che una legge sulle quote rosa possa favorire, in materia di pari opportunità, un circolo virtuoso è espresso da una percentuale di intervistati variabile dal 73,5% dei 25-34enni al 56,9% della classe d’età successiva. Ancora una volta, dunque, quanti attraversano la fase centrale della propria vita (i 35-44enni), mostrano di “non farsi incantare”: il loro favore verso le quote, senz’altro maggioritario, rimane condizionato al fatto che il provvedimento sia parte integrante di un organico sistema di azioni che possano fornire effettiva sostanza al principio delle pari opportunità. Quanto affermato è confermato dal dato relativo al consenso espresso dalla classe centrale d’età verso la necessità di promuovere azioni che possano favorire una maggiore partecipazione delle donne alla vita pubblica: si dichiarano infatti abbastanza (24,6%) o del tutto d’accordo (57,4%) oltre l’82% dei 35-44enni, contro il 57,8% dei giovanissimi, maggiormente fiduciosi nella capacità di questo strumento legislativo di promuovere lo sviluppo delle pari opportunità. D’altra parte, solo il 17,5% ritiene che l’espressione “pari opportunità” significhi “riservare a uomini e donne lo stesso numero di posti in ogni ambito”, considerando dunque il problema delle pari opportunità meramente quantitativo. Per una quota maggioritaria del campione – il 43,7% – “pari opportunità” significa invece riservare a donne e uomini lo stesso trattamento. Infine, per una minoranza significativa di intervistati (il 37,1%), l’espressione rimanda ad un significato più ampio e complesso, relativo alla “libertà di scegliere il proprio posto nella società, senza ostacoli derivanti dal sesso”.
Per costoro, fornire sostanza al concetto di pari opportunità è dunque operazione ben più complessa rispetto alla emanazione legislativa di provvedimenti finalizzati a riservare a uomini e donne lo stesso numero di posti in ciascun ambito. Tra gli uomini trova maggiore diffusione una concezione in qualche modo “formale” delle pari opportunità. Per il 44,6%, infatti, contro il 43% delle donne, esse consistono nel riservare ad entrambi i generi lo stesso trattamento, mentre per il 18,5% (a fronte di un dato femminile del 16,5%) significa riservare lo stesso numero di posti in ogni ambito. Tra la componente femminile del campione è invece più diffusa l’opinione che l’espressione “pari opportunità” rimandi alla possibilità di scegliere il proprio posto nella società, senza ostacoli derivanti dal sesso (la pensano così nel 39% dei casi, a fronte di un dato maschile pari al 35%). In relazione all’area politica di riferimento, tra gli elettori di sinistra e centro-sinistra prevale l’idea che le pari opportunità consistano nella libertà di scegliere il proprio posto nella società, senza ostacoli derivanti dal sesso, opinione abbracciata, rispettivamente, dal 41,5% e dal 41% degli intervistati appartenenti a questi orientamenti. Diversamente, tra quanti fanno riferimento ad un’altra area politica oppure non hanno una collocazione politica definita prevale l’idea che l’espressione significhi riservare a uomini e donne lo stesso trattamento (condivisa da una percentuale di interpellati variabile dal 44,3% al 45,9%). Il titolo di studio risulta essere particolarmente significativo in rapporto al significato attribuito all’espressione “pari opportunità”. Al crescere del titolo di studio aumenta la percentuale di quanti intendono l’espressione come la libertà di scegliere il proprio posto nella società, senza ostacoli derivanti dal sesso, che sale dal 24% tra gli intervistati in possesso della licenza elementare al 47,9% tra i laureati e quanti hanno conseguito una specializzazione post-laurea. Al contrario, l’idea che pari opportunità significhi riservare ad entrambi i generi lo stesso trattamento è diffusa soprattutto tra coloro che hanno un basso titolo di studio, licenza elementare (54,4%) o media (48,1%), mentre è condivisa da una quota minore di intervistati sia tra i diplomati (41,2%) che, soprattutto, tra i laureati (32,7%). La stragrande maggioranza del campione (poco meno di 7 intervistati su dieci) ritiene necessario un cambiamento di tipo socio-culturale. Il 69,8%, infatti, è dell’idea che la femminilizzazione della politica sarebbe favorita da una migliore ripartizione delle responsabilità familiari tra i due sessi, dunque intervenendo sugli ostacoli che impediscono o rendono difficoltosa la partecipazione delle donne alla vita pubblica. Gli uomini, prontissimi a sostenere che le pari opportunità in politica si ottengono solo creando le condizioni per un’effettiva partecipazione delle donne alla vita pubblica, sono poi un po’ meno propensi a sostenere che una maggiore presenza di donne in politica potrebbe essere favorita da una migliore ripartizione delle responsabilità familiari tra i due generi. Si dichiara scettico a tal proposito il 26,5% degli uomini, contro il 22,5% delle donne. Tra le dirette interessate, infatti, ben il 73,2% ritiene che una migliore distribuzione dei carichi familiari potrebbe agevolare la presenza femminile in politica. Tra gli uomini, il dato scende al 66,1%. La percentuale di quanti ritengono che una migliore distribuzione delle responsabilità familiari tra i sessi potrebbe favorire una maggiore presenza delle donne in politica, maggioritaria tra gli intervistati di tutti gli orientamenti politici, è più elevata tra gli elettori di sinistra (75%) e di centro (73,8%), seguiti dagli intervistati di centro-sinistra (72,8%); invece scende al 69,7% tra gli elettori di centro-destra e al 52,9% tra quelli di destra. L’ottimismo verso la capacità di una migliore distribuzione dei carichi familiari tra i sessi di favorire una maggiore presenza delle donne in politica è trasversale a tutte le classi d’età, ma registra maggiore diffusione tra gli over 44, che si dicono fiduciosi nel 73,8% dei casi. Concludendo, le quote rosa sono considerate favorevolmente dal campione, in quanto strumento in grado di contrastare quello scarto tra uguaglianza formale e reale che impedisce alle donne di partecipare attivamente al governo della cosa pubblica e di svolgere ruoli di potere. Al contempo, l’indagine rileva come per questi intervistati fornire effettiva sostanza al principio delle pari opportunità sia operazione ben più complessa, legata alla rimozione di quegli ostacoli che di fatto impediscono l’ingresso delle donne in politica. In particolare, le acrobazie che le donne devono fare quotidianamente per conciliare la molteplicità di ruoli da cui sono investite sono avvertite, soprattutto dalla classe centrale d’età (35-44 anni), come l’ostacolo più rilevante ad una partecipazione attiva alla politica.

martedì 22 maggio 2007

ci vediamo mercoledì o giovedì?

Ciao a tutte!
Ieri Laura ed io abbiamo iniziato a fare volantinaggio e a vedere che aria tirava sull'argomento. Personalmente sono abbastanza soddisfatta.
Ci vediamo mercoledì sul tardo pomeriggio per volantinaggio?se facesimo un po' il punto su giovedì sera?

venerdì 18 maggio 2007

LA TV DELLE DONNE!!!!!!!! date un occhio



www.donnatv.it

ALLORA COSA SI FA LA SETTIMANA PROSSIMA?

Per chi si vuole fare avanti...
LUNEDì ore 12.00 VOLANTINAGGIO E ATTACCHINAGGIO VOLANTINI CONFERENZA chi vuole mi fa un colpo di telefono. la stessa cosa può essere fatta mercoledi e giovedi mattina?
LUNEDI o MERCOLEDI ore 18.00 spritz P-F?
GIOVEDI ORE 20.00 incontro pre conferenza???
fatemi sapere BACI!!!!
Laura

giovedì 17 maggio 2007

SILVANO PONE LA QUESTIONE

Rigorosamente di sesso maschile


E’ molto difficile affrontare il tema della prostituzione posto al centro del dibattito padovano dalla delibera del sindaco Zanonato. Si teme di essere attaccati dai moralisti da una parte, dai liberisti dall’altra. Se poi si appartiene al genere maschile come nel nostro caso, allora la polemica e le accuse potrebbero arrivare in zone ad alto rischio. Meglio proteggersi con le parole, quelle essenziali, indiscutibili, quelle che mettono sul piatto, nero su bianco la questione: puttane e puttanieri. Sono queste le parole, loro è tutto il potenziale evocativo, loro è la suggestione che solletica l’immaginario collettivo.
La parola “puttane”, non ci sembra generatrice di grandi inquietudini, al massimo qualche naso storto o un dibattito su questioni logistiche (strade o case?), un impegno cosmetico che nasconda delocalizzando senza annullare. E perché annullare? Non ce n’è bisogno, si tratta del mestiere più vecchio del mondo.... l’uomo è cacciatore..... è la donna che seduce..... la costola d’Adamo.... se la vanno cercando..... alla fine a loro piace, nessuno le obbliga....!
La parola “puttaniere” invece contiene un grande potenziale di provocazione. Cliente, non puttaniere, prego! Come se chi compra avesse una sua dignità che chi vende non ha, come se la marchetta venisse fatta dalla professionista mentre, l’altro, il cliente/puttaniere, fischietta indifferente, innocente. Ed è questo che scatena il putiferio: il fatto che sia lui, questa volta, l’oggetto dell’accusa. Come se, nel momento in cui una delibera, di cui si può discutere nel metodo ma che pone un problema serio nel merito, minaccia la libertà di caccia del maschio, lo denuda nel suo essere puttaniere, ponesse una questione insopportabile di privazione della libertà.
Altra parola: la banconota, il denaro, l’oggetto dello scambio: sesso, uso del corpo altrui in cambio di soldi.
Quale virilità, ci domandiamo, può mai vantare un maschio che non sa mettersi in gioco nel corteggiamento, che non rischia il rifiuto, che non sa stare nell’attesa di sapere se verrà accettato o respinto. La banconota, eccola, esce di tasca, paga e la prestazione è sicura, senza rischi, bello o brutto che tu sia, affascinante o povero di spirito, elegante o grezzo. Paghi e vai sicuro. Senza conseguenze, senza impegni, senza complicazioni. Virilità? A noi non pare. Se di conquista si deve parlare, sia vera, aperta, onesta, in un confronto in cui l’altra sia vista come interlocutrice, ad armi pari, dignitosa, libera di scegliere come vuoi esserlo tu. Ed eccola l’altra questione, forse la questione delle questioni: la libertà di scegliere, l’autonomia di amare. Il maschio non la vuole, o meglio, la vuole solo per se, teme l’autonomia sessuale della donna, scappa a gambe levate al solo pensarlo o si rivolge contro, aggressivo, determinato a ridurre la cosa ad un atto di dominio (gli stupri, anche nell’ambito famigliare, sono una piaga in aumento).
Siamo sicuri, noi maschi, che alle donne piaccia? E’ vero, le puttane hanno organizzato una marcia e questo sembrerebbe dire che sono libere e protagoniste. Noi non lo crediamo, crediamo invece che le condizioni per cui si vendono siano quelle che negano loro, non da oggi, la dignità.
E nemmeno crediamo che sia la fisiologia a dare la spiegazione del perché è il maschio il puttaniere e la femmina la puttana. Crediamo che anche in questa visione reificata del sesso, si manifesti l’aggressività maschile che, ne siamo convinti, è sempre lo specchio dell’inadeguatezza, dell’incapacità di affrontare la relazione a viso aperto.
Siamo ossessionati dal nostro fallo, ci misuriamo da sempre con quello “spirito di corpo” che pretende l’erezione permanente. Non siamo in grado di ammettere una poliedricità di sentimenti, emozioni, tenerezze, tutte cose che releghiamo al mondo femminile, salvo perdere il contatto emotivo con noi stessi fino a non saperci spiegare perché un bel giorno “lui” può smettere di obbedire.

Si raccolgono le firme degli uomini che concordano con le riflessioni ivi contenute. Mandate le vostre sottoscrizioni, indicando nome e cognome, alla seguente e-mail: primomaggio45@libero.it

Gianni Ballestrin e Silvano Cogo

lunedì 14 maggio 2007

PAROLA AGLI UOMINI....2. michael kimmel

Ciao, stavo mettendo in italiano questo discorso di Michael Miller (mai sentito? fatalità succede che nelle altre parti del mondo nelle università esistano i cosiddetti studi di genere ossia corsi sulle donne o sugli uomini, sui generi. Lui è un sociologo che insegna MALE STUDIES. Quindi si occupa di uomini. E' un'esperto a livello mondiale perchè è chiaro, facile, sensibile e forse anche perchè è uno dei pochissimi uomini che se ne occupano...nessuna donna che studia le stesse cose ha uguale riconoscimento internazionale al giorno d'oggi mi sembra!!! o no?)
Discorso pronunciato alla cerimonia per l'8 marz0 2001, Parlamento Europeo, Bruxelles.

Sono passati 90 anni dalla prima celebrazione della giornata Internazionale della Donna, in Austria, Danimarca, Germania e Svizzera, allora organizzata dalla grande femminista Clara Zetkin, che volle un'intera giornata in ricordo dello sciopero delle lavoratrici tessili del 1857 negli USA, che portò alla formazione del sindacato Internazionale delle donne operaie del tessile. Il 19 marzo 1911 -la data è stata poi cambiata - più di un milione di donne e uomini insorsero per chiedere il diritto al lavoro e il diritto di voto.
Pensiamo a quante cosa sono cambiate in questi 90 anni! In gran parte, se non in tutta l'Europa di oggi, le donne hanno ottenuto il diritto di voto, il diritto di proprietà a nome proprio, il diritto di fare qualsiasi professione, di entrare nell'esercito, di controllare il proprio corpo, di contestare il presunto 'diritto' del marito ad ottenere rapporti sessuali una volta sposati, oppure il diritto di non essere stuprata o molestata ad un appuntamento con un conoscente, o nel posto di lavoro. Di fatto, il movimento delle donne è una delle più grandi storie di successo del 20° secolo, e forse di ogni secolo. E' la storia di una trasformazione monumentale e rivoluzionaria nelle vite di più di metà della popolazione. E' cosa è successo all'altra metà?
Oggi, il movimento per l'uguaglianza feminile si ritrova bloccato, in stallo. Le donne continuano a soffrire discriminazioni. Sbattono la testa contro soffitti invisibili nei posti di lavoro, subiscono molestie e si ritrovono in ambienti decisamente non accoglienti in ogni luogo o istituzione pubblica, inoltre devono ancora lottare per ottenere il controllo sul proprio corpo e per esigere perchè sia posta la parola fine sulla loro vittimizzazione attraverso lo stupro, la violenza domestica, e la tratta.

Io credo che la ragione per la quale il movimento per l'eguaglianza abbia ottenuto solo una vittoria parziale abbia a che fare con gli uomini.

In ogni contesto- in politica, negli eserciti, nei posti di lavoro, nelle professioni, nell'educazione- l'unico più grande ostacolo per l'uguaglianza delle donne è il comportamento e le attitudini degli uomini.
Credo che il cambiamento negli uomini rappresenti la prossima fase per il movimento per l'uguaglianza - il cambiamento negli uomini è vitale se le donne vogliono ottenere un'uguaglianza piena.
Gli uomini devono imparare a vedere che l'uguaglianza tra i generi è nel loro interesse - come uomini. Questo grande movimento per l'uguaglianza di genere ha già iniziato a notare che gli uomini devono essere coinvolti nella trasformazione. La piattaforma d'azione adottata nella Quarta conferenza Internazionale sulle Donne a Pechino, 1995, diceva "L'avanzamento delle donne e il raggiungimento dell'uguaglianza tra donne e uomini sono una questione di diritti umani e una condizione per la realizzazione della giustizia sociale e non dovrebbero essere considerate in isolazione come questioni solo femminili'
Quattro anni dopo, un volantino chiamato 'Gli uomini e l'uguaglianza' del Ministro Svedese dell'Industria, il lavoro e la comunicazione, la metteva in questa maniera:
"Tradizionalmente, le questioni dell'uguaglianza di genere sono state una preoccupazione femminile. Molti pochi uomini erano coinvolti nel lavoro per l'ottenimento dell'uguaglianza. Invece, se l'uguaglianza deve diventare una realtà in tutte le aree della società, si rendono necessari un genuino desiderio di cambiamento e di partecipazione attiva da parte sia di uomini che donne."

Ma perchè gli uomini dovrebbero partecipare al movimento per l'uguaglianza tra i generi? messa in modo semplice, credo che questi cambiamenti negli uomini li beneficierrebbero davvero, che l'uguaglianza di genere non è una perdita per gli uomini, ma una cosa enormemente positiva che ci permetterà di vivere il tipo di vita che noi decideremo di voler vivere.

Per convincervi di ciò, inizierò con l'illustrare alcune aree in cui le donne sono cambiate davvero drasticamente nel passato mezzo secolo e suggerirò alcune delle problematiche in cui noi uominisiamo entrati in conseguenza di ciò.

Per prima cosa, le donne hanno reso visibile il genere. Le donne hanno dimostrato la centralità del genere nella vita sociale . Negli ultimi vent'anni esso è stato equiparato razza e classe nella triade degli assi primordiali attorno ai quali la vita sociale viene organizzata, uno dei pilastri primari dell'identità.

Questo oggi è così ovvio che non ha neppure bisogno di essere detto. I parlamenti hanno comitati di pari opportunità, e i paesi nordici hanno anche ministri per l'uguaglianza di genere.
Ogni università negli Stati Uniti ha un programma di Women's Studies.
Eppure noi ci dimentichiamo spesso di quanto recente sia tutto ciò. Il primo programma di Women's Studies nel mondo fu creato nel 1972.

Secondo, le donne hanno trasformato i posti di lavoro. Le donne sono nei posti di lavoro per rimanerci. Circa metà della forza lavoro è femminile. Spesso illustro questo fatto ai miei studenti chiedento alle donne presenti in classe di alzare la mano se intendevano fare carriera nel lavoro. Lo fanno tutte. Allora chiedo loro di tenere la mano in alto se anche le loro madri avevano fatto carriera professionale per più di vent'anni senza interruzioni. Metà abbassano la mano. Allora chiedo loro di tenere la mano alzata se anche le loro nonne fecero carriera professionale per 10 anni. Quasi sempre non rimane alzata nemmeno una mano. In tre generazioni, si possono vedere chiaramente le differenze nelle vite lavorative delle donne.
Solo 40 anni fa nel 1960, solo circa il 40% delle donne europee adulte in età lavorativa era nella forza lavoro; solo l'Austria e la Svezia registravano una percentuale maggiore. Entro il 1994, solo l'Italia, la Grecia, l'Irlanda, il Lussemburgo e la Spagna non avevano la maggioranza delle donne nella forza lavoro, e la media europea era intanto raddoppiata.

Questa cosa ha portato alla terza area del cambiamento nelle vite delle donne: gli sforzi per conciliare il tempo del lavoro con quello della vita famigliare. C'erano una volta, e non molto tempo fa, donne forzate a scegliere tra carriera e famiglia. Ma a cominciare dagli anni '70 le donne divennero sempre più contrarie al dover scegliere tra l'una cosa e l'altra. Le volevano entrambe. Poteva forse una donna 'avere tutto dalla vita'? era questa una domanda ricorrente negli ultimi vent'anni. Poteva lei avere una carriera clamorosamente soddisfacente e anche una grande famiglia piena d'amore?
La risposta, chiaramente, era "no." Le donne non potevano avere tutto dalla vita perchè...questo lo facevano già gli uomini. Sono gli uomini che possono avere
una carriera clamorosamente soddisfacente e anche una grande famiglia piena d'amore a cui far ritorno a casa. Quindi se le donne vogliono avere tutto dalla vita, avranno bisogno che gli uomini condividano con loro i lavori domestici e la cura dei figli. Le donne hanno iniziato a mettere in questione il 'secondo turno', ossia il turno domestico che era sempre stato un loro compito, una volta che il 'turno' nel posto di lavoro era terminato.

Infine le donne hanno mutato i loro orizzonti sessuali. Mentre la polvere sollevata dalla rivoluzione sessuale è ancora sospesa nell'aria, quello che si intravede in termini ormai chiarissimi è che sono le donne, non gli uomini, ad essere i veri pionieri sessuali della nostra epoca. Alle donne piace il sesso, lo vogliono e lo cercano. Le donne si sentono in diritto di provare piacere. Hanno imparato a dire di si ai propri desieri, richiedendo, con il tempo, di avere una ruolo sessuale attivo.
E gli uomini? Cosa è successo agli uomini mentre le vite delle donne si trasformavano così drammaticamente e radicalmente? Per metterla in maniera chiara: non molto. Sicuramente alcuni uomini sono cambiati, per qualche verso, ma la gran parte degli uomini non sono cambiati in una maniera comparabile. Questa è, credo, la ragione per cui gli uomini sembrano così confusi sul significato della mascolinità al giorno d'oggi.

In un certo senso chiaramente le nostre vite sono cambiate radicalmente. Penso al mondo della generazione di mio padre. Ora settantenne, mio padre poteva andare in una scuola maschile, fare servizio militare in un esercito di soli uomini, e passare la sua intera vita lavorativa in un ambiente di lavoro tutto maschile. Quel mondo è scomparso per sempre.
Quindi la nostra vita è cambiata. Ma cosa hanno fatto gli uomini per prepararsi a questo mondo completamente diverso? Molto poco. Ciò che non è cambiato sono le idee che abbiamo su cosa significhi essere un uomo. L'ideologia della mascolinità è rimasta relativamente intatta da tre generazioni.

Ecco dove sono gli uomini d'oggi: le nostre vite sono cambiate radicalmente, ma la nozione che abbiamo di cosa voglia dire essere un uomo rimane fissata ad uno schema stabilito decenni fa, quando il mondo era molto diverso.
Qual è l'ideologia tradizionale della mascolinità? Negli anni '70 un psicologo americano ci offrì quelle che lui definì le quattro regole base della mascolinità:

(1) "NIENTE COSE DA FEMMINUCCIE' - la mascolinità è basata sul ripudio totale del femminile. Mascolinità è non essere mai una femminuccia.

(2) "Sii un pezzo grosso" - noi misuriamo la mascolinità dalla capienza della nostra busta paga. Ricchezza, potere, status sono tutti dei contraddistinguo della mascolnità. Come recita un famoso adesivo da paraurti americano: "Colui che ha più giocattoli quando muore, vince"

(3) "Sii una forte quercia" - ciò che rende uomo un uomo è il fatto che egli è affidabile nei momenti di crisi. E ciò che lo rende affidabile nei momenti di crisi è il fatto di sembrare un oggetto inanimato. Una roccia, un pilastro, un albero.

(4) "Give 'em Hell" - trasuda anche un velo di aggressività e di arditezza. Corri il rischio, vivi la vita al limite. Corri incontro alla vita.

Il decennio appena trascorso ha ritrovato gli uomini a scagliarsi precocemente contro i limiti di questa definizione tradizionale, ma senza un preciso senso di direzione nella ricerca delle possibili alternative. Sbattiamo contro i limiti della mascolinità tradizionale, ma sembriamo incapaci o non disponibili a irrompere fuori dagli impedimenti che ci causano queste quattro regole. La messa in difensiva, la rabbia, la confusione che regnano sovrane ne sono la prova.
Questi limiti si renderanno più visibili in quelle 4 aree in cui le donne sono cambiate più radicalmente:rendendo il genere visibile, il posto di lavoro, la conciliazione tra lavoro e famiglia, e la sessualità. Essi ci indicano le questioni che dovrebbero essere inserite all'ordine del giorno per gli uomini, e un modello per una mascolinità trasformata.
Lasciatemi correlare le 4 regole della mascolinità alle 4 aree di cambiamento femminile e suggerire alcune delle questioni su cui ci stiamo confrontando in tutto il mondo al girno d'oggi.
Per prima cosa, sebbene noi sappiamo che il genere è un asse centrale attorno al quale si svolge al vita sociale, la gran parte degli uomini non sanno di essere delle entità provviste di genere. I corsi sul genere sono ancra largamente frequentati da donne. I libri che parlano di genere sono letti praticamente solo da donne.
Spesso racconto una storia su un seminario di teoria femminista al quale partecipai circa dieci anni fa. Una donna bianca stava spiegando ad una donna di colore come la loro comune esperienza di oppressione sotto la patriarchia le legava assieme come sorelle. Tutte le donne, spiegava, avevano le stesse esperienze in quanto donne, diceva.

La donna di colore si guardo' bene dall'acconsentire: "Quando tu ti svegli al mattino e ti guardi alo specchio" chiese alla donna bianca "cosa vedi?"
"Vedo una donna" rispose la donna bianca con fiducia. "Questo è il problema" rispose la donna di colore. "Io vedo una donna di colore. Per me la razza è visibile, perchè rivela come io non sia privilegiata nella società. Siccome tu sei privilegiata dalla tua razza, la razza ti è invisibile. E' un lisso, un privilegio non dover pensare alla propria razza in ogni secondo della tua vita". Mormorai imbarazzato. E, siccome ero l'unico uomo nella stanza, tutti gli occhi si girarono verso di me. "Quando mi sveglio e mi guardo allo specchio" confessai "Io vedo un essere umano. La persona generica. COme un uomo della classe media, non ho classe, nè genere, nè razza. Sono universalmente generalizzabile. Sono l'Ogni uomo.

Più tardi, sono venuto a pensare che fu proprio in quel giorno che io diventai un uomo bianco di classe media, che queste categorie diventarono davvero operative su di me. Il privilegio del privilegio è che i termini di questo privilegio ti sono invisibili. E' un lusso non dover pensare alla propria razza, classe o genere. Solo i marginalizzati da una di queste categore capiscono quando potentemente queste categorie sono usate contro di loro.

Lasciate che vi faccia un altro esempio di come il privilegio sia invisibile a coloro che lo hanno. Molti di voi avranno un indirizzo e-mail e voi inviate mesaggi in tutto il mondo. Avrete probabilmente notate che c'è una grande differenza tra gli indirizzi mail degli Stati Uniti e quelli degli altri paesi. I vostri indirizzi hanno i codici di nazionalità alla fine dell'indirizzo mail. Quindi per esempio, se voi steste scrivendo a qualcuno in Sud Africa, mettereste ZA alla fine o JP per il Giappone o UK per l'Inghilterra. Ma quando scrivete a qualcuno negli States, l'indirizzo mail finirà con EDU se si tratta di un'istituzione di educazione, ORG per un'organizzazione, GOV per un ufficio del governo federale, o COM o NET per chi vende tramite internet. Ma non scrivereste US. COme mai? Perchè gli Stati Uniti non hanno un codice nazionale? E' perchè quando sei la potenza dominante del mondo, ogni altro ha bisogno di essere 'nominato'. Quando sei al potere, non hai bisogno di attirare a te l'attenzione come un soggetto di entità specifica. Invece tu puoi fingere di essere il generico, l'universale, il generalizzabile. Dal punto di vista degli Stati Uniti, tutti gli altri paesi sono GLI ALTRI e quindi hanno bisogno di essere nominati., contrassegnati, evidenziati. Una volta ancora, il privilegio è invisibile. Nel mondo di Internet così come Michael Jackson cantava, "WE are the world."

Diventare consci di se come esseri dotati di genere, riconoscere il potere che il genere ha come influenza modellatrice delle nostre vite è reso più difficile dalla prima regola della mascolinità: niente roba da femminucce.
I costanti e inarrestabili sforzi degli giovani uomini per provare di essere 'uomini veri' e non femminucce, o deboli, o gay sono un tema dominante, specialmente nelle vite dei ragazzi.
Finchè non ci sarà un meccanismo adeguato per gli uomini per provare un senso di sè come uomini sicuro, fiducioso e certo, noi svilupperemo i nostri metodi per 'PROVARLO'. Uno dei temi centrali del mio libro, Manhood in America è stato spiegare come la mascolinità in America sia diventata un test inninterrotto, una dimostrazione costante e interminabile.
la mia recente ricerca sulla natura DI GENERE della risorgenza dei movimenti
skinhead di estrema destra e neo-nazisti (movimenti fatti essenzialmente da ragazzi e giovani uomini) ha rivelato come quest imovimenti siano corroborati dal desiderio di provare la propria mascolinità negando l' ESSERE UOMO degli 'altri': ebrei, donne, gay e immigrati.
Come cultura, noi dobbiamo rendere il genere visibile e dare ai giovani e agli uomini i mezzi per poter sviluppare un senso interiore sicuro certo e fiducioso di se stessi come uomini. Solo allora noi potremo tirare un sospiro di sollievo.
La seconda area nella quale la vita delle donne è cambiata è il posto di lavoro. Ricordo la seconda regola della mascolinità: SII UN PEZZO GROSSO. La maggior parte degli uomini derivano la loro identità in quanto CAPOFAMIGLIA, QUELLI CHE PORTANO A CASA IL PANE (breadwinners). Spesso però l'invisibilità della mascolinità ci rende difficile vedere come l'uguaglianza di genere ci beneficierebbe in quanto uomini.
Per esempio, mentre si parla di FEMMINILIZZAZIONE DELLA POVERTA' di raro consideriamo l'altra faccia della medaglia, ossia LA MASCOLINIZZAZIONE DELLA RICCHEZZA. Mentre negli USA gli stipendi delle donne sono espressi in funzione degli stipendi degli uomini - così noi leggiamo che le donne guadagnano il 70% di ogni dollaro guadagnato da un uomo - ciò che rimane nascosto è quello che noi potremmo vedere se gli stipendi delle donen fossero la norma sulla quale vengono misurati gli stipendi degli uomini. Gli uomini, in media, guadagnano $1.30 per ogni dollaro guadagnato da una donna. Ora si che il privilegio è visibile!!!

D'altra parte, lo scenario economico è cambiato drasticamente. E al giorno d'oggi l'economia non è stata 'gentile' neppure con la maggioranza degli uomini. La grande espansione economica globale degli anni '90 ha portato benefici al 20% più ricco della forza lav
oro. Ci sono sempre meno 'PEZZI GROSSI'. I paesi europei hanno scambiato la crescita al prezzo di una più alta disoccupazione, cosa che porterà sempre più uomini a sentirsi come se non avessero passato il test, si sentiranno danneggiati, feriti, senza potere, uomini che avranno bisogno di dimostrare la loro mascolinità in altri modi, ancora una volta .

Ora ricordiamo: qui vengono le donne che sono entrate nei posti di lavoro in numeri mai visti prima. Proprio quando lo status di BREADWINNER dell'uomo è sotto minaccia, le donne appaiono sulla scena come facili bersagli per la rabbia maschile.
Recentemente sono apparso in uno show televisivo che mi opponeva a tre UOMINI BIANCHI ARRABBIATI che sentivano di essere vittime di discriminazione sul posto di lavoro. Il titolo del programma, pensato per far salire gli ascolti, era 'UNA DONNA DI COLORE HA PRESO IL MIO POSTO DI LAVORO'. Nei miei commenti, ho invitato questi uomini a riflettere sul senso della parola del titolo 'MIO'.
Essi sentivano che il posto di lavoro era originariamente LORO, che loro ne avevano il diritto, e che qualche ALTRA persona, di colore e femmina, aveva preso il lavoro, quella persona stava veramente prendendo il LORO posto di lavoro. Ma che diritto avevano loro su quel posto di lavoro? Proprio per questo senso di DIRITTO AL LAVORO, noi ci sentiamo come minacciati dal movimento per l'uguaglianza di genere all'interno dei posti di lavoro.
E' anche in questo contesto che noi dobbiamo considerare la questione della molestia sessuale. La molestia sessuale nei posti di lavoro è uno sforzo distorto per rimandare le donne al loro posto, per ricordare alle donne che loro non sono uguali agli uomini al lavoro, che loro sono e saranno sempre donne, anche nel posto di lavoro. La molesstia sessuale è un modo per mantenere quel senso di DIRITTO, di mantenere l'illusione che la sfera pubblica appartiene davvero solo agli uomini. La molestia sessuale è un modo per ricordare alle donne che loro non sono uguali a noi al lavoro, che loro non sono nel posto giusto là.
Ogni grande studio di avvocati e le università si stanno scervellando per implementare politiche contro le molestie sessuali, per rendere sicuro che la molestia sarà riconosciuta e punita.
Questo di solito consiste nello spiegare cosa sia la molestia sessuale e per gli uomini, come evitare di farla e per le donen, cosa fare se vi succede. Ma la nostra sfida è più grande di una ammonizione o di un centro di ascolto per la fase post. La nostra sfida è prevenire la molestia sessuale prima che accada. E ciò richede che noi dimostriamo agli uomini ciò che essi guadagnerebbero se supportassero le donne che si sforzano per mettere fine alle molestie sessuali.


Non solo perchè la molestia sessuale è enormemente costosa - più alto tasso di assenteismo, più alto ricambio di personale, costi per la formazione e bassa produttività ne sono solo alcuni risultati. Ma se tu sei un manager, i TUOI risultati saranno i risultati di coloro che stanno sotto di te. DOvresti volere che tutti quell iche lavorano per te si sentano bene, si esprimano al meglio, capaci di produrre al meglio.
E quindi è nel tuo interesse come uomo di accertarti che tutti coloro che lavorano per te - uomini e donne- si sentano bene, fiduciosi e al sicuro nel posto di lavoro. La molestia sessuale colpisce le donne perchè ne riduce la capacità produttiva. Ma nuoce anche agli uomini, perchè nuoce alle donne con cui lavoriamo, e quindi riduce la nostrra capacità di dare il meglio al lavoro. E' anche nel nostro interesse come uomini di iniziare a bilanciare meglio il lavoro e la famiglia. Abbiamo un detto in America che dice 'NESSUN UOMO SUL LETTO DI MORTE VORREBBE AVER TRASCORSO PIU' TEMPO IN UFFICIO'.
Gli uomini hanno anche bisogno di conciliare lavoro e famiglia. Ma ricordiamo la terza regola della mascolinità: SII UNA QUERCIA ROBUSTA. Quello che ha tradizionalmente reso gli uomini affidabili in una crisi è anche quello che ci rende emotivamente non disponibili agli altri. Stiamo sempre più capendo che le cose che noi pensiamo che ci rendono VERI UOMINI, in verità impoveriscono le nostre relazioni con gli altri uomini e con i nostri figli.
La paternità, l'amicizia, una storia d'amore ci richiedono tutte delle risorse emotive che sono state per tradizione in breve scorta tra gli uomini. Risorse come la pazienza, la compassione, la tenerezza, l'attenzione ai processi. Un 'UOMO E' UNO CHE NON VORRESTI AVER VICINO IN MOMENTI DI CRISI' scrisse l'attore Alan Alda, "COME CRESCERE I FIGLI O DIVENTARE VECCHI ASSIEME."
Negli Stati Uniti, diventan padri più attivi cercando di AIUTARE o CONTRIBUIRE e passando TEMPO DI QUALITA' con i loro figli. Ma non è il fatto di aver trascorso del TEMPO DI QUALITA' con i figli che porterà ad avere quelle relazioni intime profeonde con i figli che noi diciamo di volere, sia con i nostri genitori che con i nostri figli. E' la QUANTITA' DEL TEMPO - ossia spendersi in quelle lunghe, dure ore di lavoro routinario, non notato e non valutato. E' la quantità del tempo speso che crea le fondamenta per l'intimità. La capacità di crescere un figlio è fare i compitimeno entusiasmanti, come badare a qualcuno quando è malato, fare la biancheria, stirare, lavare i piatti. Dopo tutto, gli uomini sono capaci di essere chirurghi e grandi cuochi e così non dovremmo essere in difficoltà a cucire o cucinare.
Il posto di lavoro e la vita di famiglia sono collegati nella sfera pubblica.
Numerose proposte di legge sono state formulate per rendere il posto d lavoro più "family friendly" - ossia per rendere il posto di lavoro più aperto ai nostri sforzi per conciliare lavoro e famiglia. Queste riforme di solito girano attorno a 3 cose: asili aziendali, orari di lavoro flessibili, permessi di maternità e paternità. Ma come pensiamo solitamente a queste riforme? Ne pensiamo come questioni femminili. Ma queste non sono questioni femminili, sono questioni genitoriali, e finchè noi uomini ci identifichiamo come genitori sono riforme che noi DOVREMMO pretendere. Perchè esse ci permetterebbero di vivere le vite che noi diciamo di voler vivere. Vogliano avere i nostri figli con noi. Vogliamo essere capaci di aggiustare le nostre vite lavorative e familiari assieme alle nostre mogli e vogliamo esserci quando i nostri figli vengono alla luce.
Da questo punto di vista gli americani hanno un sacco da imparare dagli europei, specialmente dai paesi nordici che sono stati davvero visionari nei loro sforzi per coinvolgere gli uomini nella vita famigliare. In Svezia per esempio, gli uomini sono incoraggiati attivamente dalle politiche statali a prendere il permesso di paternità per far parte dei primi mesi di vita dei loro figli. Prima dell'istituzione del permesso di paternità (
Daddy Days) meno del 205 degli svedesi prendeva il permesso di paternità. Oggi invece la percentuale degli uomin iche lo fa è saltata ad oltre il 90%. Questo è un governo che ha a cuore la famiglia.
Infine esaminiamo l'ultima regola della mascolinità: "Give 'em Hell" - quello che dice agli uomini è di correre il rischio, vivere in maniera spericolata. Significa che dobbiamo parlare di sesso e violenza.
RIcordiamo che il cambiamento piu' grande nella sessualità degli ultimi 40 anni è stato tra le donne. Proprio nel momento in cui le donne dicono 'si' ai propri desideri sessuali, invece, c'è una crescente consapevolezza del problema dello sturpo in tutto il mondo. Specialmente da persone con cui si esce al primo appuntamento o da parte di conoscenti. In un recente studio americano il 45% delle studentesse del college ha detto di aver subito una qualche forma di contatto sessuale contro la propria volontà e un 25% ha riportato di essere stata forzata ad avere un rapporto sessuale contro la propria volontà. Quando uno psicologo ha chiesto negli ultimi dieci anni a degli uomini se loro commetterebbero uno stupro nel caso in cui sapessero che potrebbero passarla liscia, circa metà rispose di si.
Ironicamente, quando gli uomini parlano di stupro non ne parlano con una voce di potere, cntrollo, dominazione. Ascoltate questa, è stato chiesto ad un 23enne di San Francisco in quali circostanze potrebbe comettere uno stupro. Non aveva mai commesso uno stupro. Era semplicemente un ragazzo come altri, nella media, che ragionava su quali circostanze avrebbe commesso uno stupro. Ecco quello che ha risposto: DICIAMO CHE VEDO UNA DONAN E CHE E' MOLTO CARINA E MOLTO SENSUALE E MI TRASMETTE VIBRAZIONI MOLTO SESSUALI. PENSO, WOW VORREI PROPRIO FARE SESSO CON LEI MA SO CHE NON E' INTERESSATA. FA MALE. UN SACCO DI VOLTE UNA DONNA SA DI ESSERE MOLTO BELLA E LEI LO USA E LO DIMOSTRA E MI FA SENTIRE COME SE LEI STESSE RIDENDO DI ME E IO MI SENTO DEGRADATO. SE FOSSI DAVVERO DISPERATO ABBASTANZA DA STUPRARE QUALCUNO VERREBBE DAL FATTO DI VOLERE QUELLA PERSONA MA SAREBBE ANCHE UNA COSA VENDICATIVA, SOLO PER POTER DIRE CHE HO UN POTERE SU DI TE E POSSO PARE TUTTO QUELLO CHE VOGLIO DI TE' PERCHE SENTO AVVERO CHE LORO HANNO POTERE SU DI ME SOLO IN FATTO DELLA LORO PRESENZA. SOLO IL FATTO CHE LORO POSSONO VENIRE DA ME E FARMI SCIOGLERE MI FA SENTIRE UN PERDENTE, MI FA SENTIRE DI VOLER VENDICARMI. HANNO POTERE SU DI ME E QUINDI IO VOGLIO POTERE SU DI LORO.
Notate come parli non con la voce di qualcuno che ha potere, di qualcuno in pieno controllo della propria vita, ma piuttosto con la voce dell'impotenza, della sconsolatezza. Per lui la violenza è una forma di vendetta, una forma di ritorsione, di ottenimenti di una compensazione per il potere che lui sente che le donne esercitino su dio lui.
Penso che questa prospettiva sia stata tralasciata nelle nostre analisi della violenza maschile - sia a livello interpersonale, sia micro dei singoli atti di violenza maschile contro le donne - stupri e violenze domestiche per esempio - sia nell'analisi aggregata politica e sociale della violenza espressa a livello nazionale, del movimento sociali o dalle forze militari. La violenza potrebbe riguardare più il potere di cui ti senti di avere il diritto piuttosto che un'espressione del potere che già tu pensi di avere.
Penso che noi dobbiamo vedere la violenza maschile come un risultato della rottura sel sistema patriarcale. Ancora una volta, quello che la ricerca sugli stupri, violenza domestica trova che l'uomo inizia la violenza quando lui sente una perdita del potere cui sente invece di avere diritto. Così luila colpisce quando lei non è riuscita a preparare il pranzo, quando lei si rifiuta di acconsentire alle sue richieste sessuali, cioè quando lui sente che il potere che dovrebbe avere su di lei non c'è - non quando lei ha preparato la cena o ha acconsentito a fare sesso, che sono dopotutto espressioni del suo potere e della sua legittimazione.
E questa questione del DIRITTO LEGITTIMO sta al cuore delle attuali controversie sulla tratta delle persone a livello mondiale. I nostri modi di contrastare il problema si sono focalizzari sull'offerta - specialmente contro i cartelli internazionali che spesso rapiscono ed imprigionano bambine e giovani ragazze - e certamente abbiamo esteso la nostra COMPASSIONE sul bene di scambio, le donne stesse. Ma pochissime (se ce ne sono) politiche si sono concentrate sul lato della DOMANDA, politiche che potrebbero mirare agli uomini che sono i consumatori di questi sfruttati ed oppressi prodotti. Perchè? Perchè in qualche modo capiamo che gli uomini hanno il diritto di consumare il corpo delle donne, in qualsiasi modo esso possa essere fornito.
Quasi 20 anni fa l'antropologa Peggy Reeves Sanday propose un continuum di propensità al commettere stupro sul quale tutte le società potrebbero essere proiettate. Dalle società libere dallo stupro a quelle assoggettate ad esso. (Per i curiosi gli Stati Uniti erano classificati come società ad alta propensità allo stupro, molto più di ogni società europea. La Norvegia e la Svezia erano tra quelle più libere dallo stupro. La Sanday trovò che i più grandi indicatori della propensione allo stupro erano: (1) se la donna continuava a possere la proprietà a suo nome dopo il matrimonio, una misura dell'autonomia femminile e (2) il conivolgimento dei padri nell'allevamento dei figli, una misura di quanto è valutata la funzione genitoriale e di quanto è valutato il ruolo tradizionale delle donne.

Quindi chiaramente l'economia economica femminile è un buon indicatore della sicurezza femminile, cosìccome la partecipazione degli uomini nella cura e allevamento dei figli. Se gli uomini a casa si comportassero come noi diciamo di voler agire, le donne sarebbero più sicure.
Sicuramente queste questioni della violenza e della sessualità sono un campo dove si necessitano forti misure per rendere chiaro la nostra intolleranza per gli stupri, leggi che proteggan le donne, attitudini sociali che credano alle donne che decidono di denunciare. E qui anche c'è l'altra cosa per cui il supporto degli uomini al femminismo capaciterà gli uomini a vivere la vita che diciamo di voler vivere. Se rendiamo chairo che come uomini non tollereremo un mondo in cui le donne non si sentono al sicuro e se noi rendiamo chiaro alle nostre singole compagne che noi capiamo che NO significa NO, allora e solo allora le donne potranno iniziare ad articolare il SI che è in loro pieno diritto di dire.


CONCLUSION

Invece di opporti al cambiamento che l'uguaglianza di genere prospetta noi dobbiamo abbraciarlo e agire perchè esso arrivi. Dobbiamo raggiungere l'eguaglianza perchè questo ci permetterà di vivere vite più pine, gioiose e felici con i nostri amici e con le persone che amiamo. Al lavoro significa lavorare per porre fine alla molestia sessuale, supportare politiche per avere luoghi di lavoro più vicini alle esigenze della vita familiare, lavorare per mettere fine agli stupri e alle violenze che terrorizzano le donne nelle nostre società. A casa significa condividere i compiti domestici e la cura dei figli, sia per rendere la vita più facile alle nostre compagne sia perchè vogliamo passare più tempo con i nostri figli e perchè i lavori domestici sono un modo decisamente normale di prendersi cura e amare i nostri cari.
La trasformazione femminista della società è una rivoluzione in progresso. Per quasi 2 secoli noi uomini abbiamo vissuto nell'insicurezza poichè tralasciavamo o nascondevamo il fatto che avevamo dei privilegi nelal società. Queste strategie non ci hanno mai portato la sicurezza e la pace che cercavamo. Forse ora, come uomini, possiamo stare in piedi al fianco delle donne e abbracciare il resto di questa rivoluzione - abbracciarla per il nostro senso di giustizia e equità, abbracciarla per i nostri figli, mogli, partners e per noi stessi.


L'uguaglianza di genere è nel nostro interesse come uomini, noi beneficieremo da una più grande equità.
L'uguaglianza di genere prospetta migliori relazioni con le nostre mogli, con i nostri figli e con gli altri uomini.
90 anni fa, uno scrittore americano scrisse un saggio chiamato IL FEMMINISMO PER GLI UOMINI. Nella prima riga si legge: IL FEMMINISMO RENDERA' POSSIBILE PER LA PRIMA VOLTA AGLI UOMINI DI ESSERE LIBERI.
Ricordate la frase IL PANE E LE ROSE, pronunciata nella prima giornata internazionale della donna:SOLO QUANDO GLI UOMINI CONDIVIDERANNO IL COMPITO DELLA PRODUZIONE DEL PANE, POTRANNO ESSERE CAPACI DI SENTIRE IL PROFUMO DELLE ROSE.


Riflessioni sull'essere differenti

Vi dedico un brano dal libro di Luce Irigaray, la teorica della differenza sessuale, il titolo è "Il respiro delle donne":

Spesso si è assimilato il ventre della donna ad un ricettacolo, forse per l’amante, soprattutto per il figlio. Ma quel luogo d’ospitalità che è l’anima della donna, chi lo conosce? Il più delle volte non lo conosce neppure lei. Difficile conquista di un’interiorità propria, di una verginità spirituale per colei che, nei secoli, è stata coinvolta in una disponibilità passiva, in una ricettività naturale al seme e al verbo dell’altro. Tornare in sé per rinascere libera, animata dai suoi movimenti, dalle sue parole, dal suo respiro sembra la conquista più decisiva per la donna.
Ma tutto l’attira fuori di lei. Appena in piedi, parte a misurarsi con le prestazioni maschili, come se questo rappresentasse il suo compito più nobile. Eppure sa che donna e uomo non sono ancora realmente due, sono solamente due parti di un tutto, ma ciò nonostante si identifica con una metà dell’umano, per di più non la sua. Con il pretesto di liberarsi, non è forse così due volte transfuga da se stessa? Non si scopre come una, s’abbandona per cercarsi dove non è. Cancella le tracce del femminile, già tanto nascoste o tanto segrete da non essere visibili.
Per una donna non è semplice intraprendere la ricerca di se stessa. (…)


La consapevolezza della differenza è secondo me una conquista, un percorso anche complesso, ma che finalmente ci apre al rispetto l'uno dell'altro e quindi al vero dialogo paritario.
Ed è in generale così in tutte le relazioni umane, solo riconoscendo l'altro come differente, altro da me, si può veramente comunicare con lui o lei. La differenza è un'accoglienza reciproca, secondo me, è la vera possibilità di ascoltarsi oltre che tra persone differenti anche tra culture differenti. Ma per prime dobbbiamo essere noi a dare un valore alla nostra differenza e a riconoscerla, questo sarà una ricchezza anche per gli uomini e per l'intera società.
Non è facile per niente perchè tutto ciò che è connotato come femminile in questa società sembra avere una connotazione di poco valore o un valore di second'ordine. Provate a pensare a tutto ciò che è simbolicamente, culturalmente associato al termine femminile: sensualità, tenerezza, debolezza, accoglienza, cura, emozioni, pianto. Sembra che tutto ciò non abbia alcun valore per la politica di una società che sia unicamente da relegare nel mondo interno degli affetti e non al mondo esterno. Ma se la politica è dialogo, perchè lo è, e se la società è relazionarsi gli uni con gli altri come è possibile prescindere da ciò che è alla base delle relazioni umane che è per l'appunto quello che prima ho indicato come femminile.
Scusate forse sto farneticando e sono troppo contorta, ma volevo condividere con voi delle mie riflessioni, spero di non essere stata troppo pesante. In reltà volevo solo dire che riconoscersi come differenti non implica rompere con l'altro, ma anzi ascoltarlo meglio perchè ascoltiamo meglio noi stesse, cosa assolutamente non facile o scontata.

giovedì 10 maggio 2007

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RISPOSTE A SARA...

-COSA DEVONO RAPPRESENTARE LE DONNE?
Molto interessante e centrale secondo me questa domanda. Chi rappresentano le donne in politica? Devono rappresentare le donne o le idee dei loro partiti?
SECONDO ME: le donne dovrebbero rappresentare le donne, ma non in senso di diversità e rottura rispetto agli uomini. Dovrebbero rappresentarci agli occhi di tutti gli italiani e italiane. Devono essere un modello: nel senso VEDI? LE DONNE POSSONO E SANNO COME GOVERNARE UN PAESE. NON E' VERO QUELLO CHE SI DICEVA PRIMA. Insomma prima di tutto devono assolvere ad una funzione simbolica e pedagogica! Inoltre non dovrebbero solo portare in parlamento le idee dei loro partiti, perchè in verità dovrebbero contribuire paritariamente alla definizione delle strategie e dei programmi politici. Insomma dovrebbero essere in grado di portare piu' pensiero femminile all'interno dei programmi dei partiti.
-IL NOSTRO CONTRIBUTO PUò ESSERE DIVERSO IN CHE SENSO? CI SONO DIVERSITà PIù GIUSTE DI ALTRE?LA DIVERSITà FEMMINILE è PIù "GIUSTA" DI ALTRE E DEGNA DI PIù SPAZIO? ..mi ha fatto riflettere quello che ha detto la BONINO..E QUINDI...QUOTE ROSA COME AZIONE POSITIVA E PER QUESTO, PER LA NATURA DI AZIONE POSITIVA, TEMPORANEA E NON DEFINITIVA?..è questo il tema che più mi tocca..

Le donne non sono una categoria minoritaria della società. le donne sono la maggioranza delle persone che vivono nel nostro e negli altri paesi. Per quanto riguarda le minoranze entiche e linguistiche esse hanno spesso quote fisse all'interno dei parlamenti: ad esempio, sono riservati che ne so 10 posti per gli esponenti del partito che rappresenta il sud tirolo. Non so bene come funziona in Italia ma negli altri paesi funziona così. Il fatto è che l'appartenenza ad una certa minoranza etnico-linguistica presuppone il fatto che queste persone (uomini e donne) abbiano una certa identità di pensiero politico. Cioè l'appartenenza etnica definisce anche i loro interessi in maniera sostanziale.
L'appartenenza ad un genere invece non presuppone già che tutti gli uomini abbiano un pensiero politico mentre le donne un altro. Il genere è trasversale a tutti i partiti politici, a tutte le minoranze etniche, destra e sinistra, centro e nord.
Quindi sono in disaccordo con la Bonino proprio su questo: le donne non sono persone diverse dalle altre. Non sono una minoranza. Pero' esse, di qualunque colore politico siano, sono sistematicamente fuori dalla politica. Le donne devono entrare a far parte dei processi decisionali di un paese perchè è GIUSTO. Non esiste che la maggior parte della popolazione è lasciata fuori. No?
-E GLI UOMINI CHI RAPPRESENTANO?
gli uomini hanno sempre rappresentato se stessi e le donne, o meglio lo sterotipo delle donne che essi hanno (spero avevano).
HANNO ANCHE LORO INTERESSI SPECIFICI DA RAPPRESENTARE?
certo che si, e sono d'accordo con Lucia in questo: dobbiamo essere in grado di riconoscerli in tutte le decisioni che prendono tutti i giorni in parlamento
COME SI PONGONO DI FRONTE AGLI INTERESSI CHE RIVENDICHIAMO? li capiscono? li lasciamo capire?
Gli uomini conservatori non condividono le istanze femministe, i riformisti pensano che non siano priorità per il PAESE. Ma chi sarà sto paese dico io....
Io non sono diffidente con gli uomini, anzi, però c'è una cosa importante da capire: LA MAGGIORANZA DEGLI UOMINI SONO A LORO VOLTA VITTIME DI ALTRI UOMINI (QUELLI CHE HANNO POTERE), noi donne siamo vittime due volte 1) degli uomini che hanno potere su tutti 2) degli uomini che esautorati del loro potere piu' vasto si rifanno a spese nostre. Vedi le violenze domestiche, la usuale rinuncia del proprio posto di lavoro da parte della donna al momento di avere dei figli.....
INSOMMA E' GIUSTO CONSIDERARE GLI UOMINI CON DEI DOVUTISSIMI DISTINGUO: COME 'FEMMINISTA' MI OPPONGO SIA AD UOMINI CHE A DONNE. NON SONO GLI UOMINI IL PROBLEMA, IL PROBLEMA SONO LA SOCIETA' TRADIZIONALE E RELIGIOSA E GLI AGGLOMERATI DI POTERE.
-il dibattito sulle quote rosa vede presenti anche gli uomini??.
credo e spero di sì. magari non sono nelle prime linee, ma lasciamo questo compito alle donne almeno per questa volta.

PRIME RISPOSTE AD ANDREA!

Benvenuta nel blog Andrea!
e grazie per la tua voce....certo che ne avevi anche te di cose da dire eh?!
sintetizzo le tue idee per poter più coerentemente cercare una risposta:
1) le donne non possono fare politica perchè le donne concepiscono il mondo in un modo diverso e perchè le donne hanno un ruolo diverso nella società
2) la politica è un'attività totalizzante che occupa una persona giorno e notte, con il corpo e la testa
ED E' TROPPO VERO. CHI FA POLITICA PUO' PERMETTERSI DI FARLO PERCHE' NON DEVE BADARE ALLA PROPRIA FAMIGLIA (OPPURE NON CE L'HA), DEVE RINUNCIARE UN SACCO IN TERMINI DI AFFETTI E LEGAMI: UN MODO NUOVO E FEMMINILE DI FARE POLITICA DOVREBBE RAGIONARE ANCHE SU QUESTO ASPETTO. UNO NON PUO' VENDERE LA SUA VITA AD UNA CAUSA, DEVE PENSARE A BILANCIARE E COLTIVARE TUTTI GLI ASPETTI DELLA PROPRIA VITA, E SOPRATTUTTO NON VENIRE MENO ALLE RICHIESTE AFFETTIVE CHE PROVENGONO DALLE PERSONE CARE. E FA ANCHE BENE ALLA SALUTE, LAVORARE MENO, PREOCCUPARSI MENO. LO STRESS UCCIDE: QUANTI POLITICI MUOIONO DI INFARTO? BISOGNA CHE QUALCOSA CAMBI.
3) chi fa politica perde di vista la realtà, e inizia a vivere in un mondo di idee
E' COSI', PERDI LA TUA DIMENSIONE REALE, PERSONALE E ASSUMI IN TOTO LA TUA FUNZIONE POLITICA, DIVENTI IRASCIBILE ALLA 'SCONSIDERATEZZA' DEGLI ALTRI, CHE MAGARI NON TI CAPISCONO E SOPRATTUTTO VERSO LE PERSONE CHE NON CONDIVIDONO LE TUE IDEE. COME GLI ALTRI LAVORI SECONDO ME, CHI FA POLITICA UNA VOLTA FINITA LA GIORNATA DEVE SAPER LASCIARE FUORI IL 'LAVORO' DALLA PROPRIA VITA PRIVATA. LA PERSONA DEVE RIUSCIRE A TORNARE SE STESSA.
4) le donne non possono fare politica come gli uomini sia perchè sono più a contatto con la realtà, sia perchè non sono disposte a dedicare a questa attività tutto ciò che richiederebbe (principalmente tempo)
SECONDO ME QUI NON E' CHE DEVONO CAMBIARE SOLO LE DONNE, DEVONO CAMBIARE SOPRATTUTTO GLI UOMINI. FINCHE' A CASA AVRANNO TUTTO PRONTO, FINCHE' LA MOGLIE CRESCERA' DA SOLA I FIGLI, PENSERA' A TUTTO, GLI UOMINI CONTINUERANNO A FARE POLITICA 24 ORE AL GIORNO. QUINDI= PIU' CONDIVISIONE DEI RUOLI DOMESTICI DA PARTE DEGLI UOMINI, PIU' RITORNO ALL'IMPORTANZA DELLA PATERNITA', MENO ORE DI LAVORO 'POLITICO', RIVALUTAZIONE DELL'IMPORTANZA DEL TEMPO LIBERO E SENZA STRESS. SE LOTTI PER IL PAESE E POI LA TUA FAMIGLIA E' UN FALLIMENTO, NON SO COSA HAI DAVVERO CAPITO DELLA VITA!!!! SEI SOLO UN FRUSTRATO/A, E IO NON VORREI ESSERE GOVERNATO O AMMINISTRATO DA UNA PERSONA COSì. PENSIAMO ALLA BONGIORNO, L'AVVOCATA DI ANDREOTTI, QUELLA LAVORA 30 ORE AL GIORNO, NON VUOLE AVERE LEGAMI PERSONALI CON CHICCHESSIA, E' ASOCIALE, SODDISFATTISSIMA MA AVRA' PURE QUALCHE PROBLEMA DI AFFETTIVITA' UNA PERSONA COSI!!! ECCO LEI ORA FA LA DEPUTATA, SARA' ANCHE BRAVISSIMA, MA A ME UNA COSI' MI SPAVENTA.
5) le donne hanno una visione diversa del mondo: come qualcosa di cui fanno parte, sono DENTRO AL MONDO. Gli uomini vedono il mondo come qualcosa di esterno a loro stessi, da trasformare e modificare a loro interesse.
SI E' COSI'. VEDI IL LIBRO "GENERE,SPAZIO,POTERE" CHE AVEVO GIA' MENZIONATO PIU' SOTTO. NOI ABBIAMO UN PENSIERO CHIAMATO 'OVULARE' A DIFFERENZA DI QUELLO 'STRATEGICO' DEGLI UOMINI.
6) esempio: figura femminile in cent'anni di solitudine= gli uomini fanno e disfano, la donna rimane dietro le quinte pronta a sorreggere questi uomini nei momenti di debolezza e disillusione, come se lasciasse giocare i bambini, come una mamma...
7) esempio: Biografia "volevo la luna", donna occupata nel suo ruolo di moglie e madre. Il marito invece si dedica alla politica. Ma come avrebbe saputo contribuire questa donna se anche lei avesse potuto esprimere a tempo pieno le proprie convinzioni e idee?
NON HO LETTO QUESTI LIBRI, MA NON SO COSA POSSONO INDICARCI...INSOMMA E' VERO UNA VOLTA ALLE DONNE TOCCAVA ESSERE COSì. CON IL FAMOSO ADAGIO 'DIETRO OGNI GRANDE UOMO C'E' UNA GRANDE DONNA' SI E' TOCCATO L'APICE DELLO STEREOTIPO. IMMAGINO CHE DIETRO OGNI GRANDE DONNA CI SARA' BISOGNO CHE CI SIA UN GRANDE UOMO, ALLORA ANDIAMO A CERCARLI QUESTI UOMINI, UOMINI CHE TI PERMETTANO DI VOLARE LIBERA, CHE TI AIUTINO E SORREGGANO, PRONTI AD ASPETTARTI AL RIENTRO A CASA...INSOMMA IO PENSO CHE UNA DONNA CHE HA VOGLIA DI FAR STRADA NELLA VITA E AL TEMPO STESSO AVERE UNA FAMIGLIA AL GIORNO D'OGGI HA UN TRADE-OFF DAVANTI: O SCEGLIE UNA DELLE DUE COSE E BASTA OPPURE TROVA UNA PERSONA CHE LA POSSA AIUTARE A REALIZZARE TUTTE E DUE LE COSE (COME HANNO SEMPRE FATTO GLI UOMINI...)
8) le donne sono brave a livello di militanza, nel contesto locale mentre diffidano dei grandi sistemi.
NON E' CHE A LIVELLO LOCALE CI SIANO PIU' DONNE AD AMMINISTRARE RISPETTO AL CONTESTO NAZIONALE....SECONDO ME SE NON ARRIVANO IN ALTO NON E' UNA QUESTIONE DI SCELTA LIBERA BENSI' FORZATA, DALLE SITUAZIONI FAMILIARI E DALLE PREFERENZE DELLA DIRIGENZA PER CANDIDATI DI SESSO MASCHILE....PERCHE' PRENDEREBBERO PIU' VOTI....
IO la penso così, ma continuiamo la discussione!!!!