domenica 19 agosto 2007

Avete sentito l'ultima riguardo alla sentenza della Cassazione che ha assolto madre, padre e fratello che picchiavano e immobilizzavano la figli a casa perché non reputavano opportuno il suo stile di vita? Non vi sembra che in Italia si stia andando oltre la deriva?
per alcuni altricoli online si può vedere sul sito www.girodivite.it o www.uaar.it.

In ritardo mi riaggancio al lavoro!

Ciao ragazze, dopo la mia pausa sono tornata a padova e sono pronta per ricominciare quello che si era interrotto.
Ho a casa mia gli appunti che avevamo preso a luglio, quindi se qui c'è qualcuno, sentiamoci.

lunedì 9 luglio 2007

dice ROSANNA Tosato

riunione per costituire il COMITATO padovano per la raccolta firme 50E50
mercoledì 11 luglio 2007 ore 18,30

Si è pensato di costituire anche a Padova un COMITATO LOCALE per la raccolta firme per la presentazione della proposta di legge 50E50. Questa iniziativa è stata avviata dall’UDI Nazionale che ha visto da subito l’adesione delle donne dello SPI CGIL Nazionale e territoriale.

TROVIAMOCI MERCOLEDI’ 11 LUGLIO 2007 ALLE ORE 18,30 PRESSO LA SALA GRUPPI DI MAGGIORANZA (sala sopra il Pedrocchi)

domenica 8 luglio 2007

Pina Nuzzo, presidente UDI nazionale

50E50: il punto di non ritorno…


(Roma) Riceviamo e volentieri pubblichiamo sottoponendola alla vostra attenzione, questa riflessione della Presidente dell’Udi Nazionale, Pina Nuzzo, che ricorda: “Il punto di non ritorno si verificò nell’ottobre del 2005, quando la quasi totalità del Parlamento respinse in modo vergognoso il tentativo di incrementare la presenza delle donne, pur rimanendo nel regime delle quote rosa.

Ancora oggi, quando ci penso, non mi capacito dello spettacolo volgare che l’occhio impietoso delle telecamere metteva sotto i nostri occhi: la complicità tra maschi che si rinnova, a prescindere dagli schieramenti, quando c’è da far fronte comune contro le donne; l’impotenza delle donne elette che non riescono ad esprimere non dico una azione, ma almeno un sentimento comune.

Alcune piangono, altre dicono e non dicono attente a non dispiacere troppo i partiti di appartenenza.

Così in un attimo ho visto ripassare davanti ai miei occhi le discussioni infinite tra noi donne sulle quote rosa sulle quali, quasi sempre, sul fastidio e la rabbia, prevaleva il buonsenso: forse servono, forse sono utili, ci siamo dette per tanti anni.

Poi una si chiede: perchè? E la domanda non la faccio all’altro di cui conosco tutte le risposte. La domanda la faccio a me e a tutte, e soprattutto a quelle impegnate da anni in politica.

Tutte le volte che ascolto una donna raccontare le violenze che può subire per anni, quando è ancora viva per raccontarle, mi chiedo: come può accadere?

Come può accadere che una subisca così tanto pensando in questo modo di avere anche buon senso?

E come può accadere che un uomo possa farlo nell’impunità e nell’omertà più assoluta?

La risposta c’è e sta tutta nell’addestramento millenario che ogni donna impara succhiando il latte di sua madre che le impone di non avere pretese per sé.

E’ tanto se ti lasciano vivere.

Lo slittamento su un terreno che sembra così altro dalla rappresentanza è dovuto ad una altra domanda che mi faccio e vi faccio: come è potuto accadere che, pur partorendo tutto il genere umano, quando si deve decidere dell’umanità, solo una parte sia legittimata a farlo?

Anche qui la risposta giusta è la più semplice, perfino banale: accade perchè noi, in fondo in fondo, pensiamo che è giusto così.

Pensiamo che è giusto perchè per smontare questo meccanismo è necessario portare il conflitto uomo-donna alle sue estreme conseguenze e rinominare la civiltà in cui viviamo che di civile ha ben poco. E pur tuttavia rimane – per me – una delle poche forme di civiltà vivibile!

Ci siamo fidate e abbiamo creduto, dal ’48 ad oggi, che l’art. 51 - che i padri della patria pensarono, cedendo alla pressione delle donne che fecero parte della Costituente - prima o poi sarebbe stato attuato.

Quegli uomini furono magnanimi forse anche perchè si sentivano al sicuro: le donne avevano troppa strada da fare e troppi figli da crescere.

Quando la vicinanza delle donne è diventata pressante ecco spuntare il concetto di tutela, padre delle quote rosa.

Questo e tanto altro è quanto ho pensato.

Nel tanto altro ci metto anche alcune questioni politiche che ci hanno visto silenti o confuse in questi ultimi anni, proprio nella fase in cui noi dell’UDI stavamo cercando di riprendere in mano la nostra visibilità.

Non è cosa da poco stare dentro una tradizione per cui tutti pensano di conoscere questa associazione perché hanno avuto una mamma, una zia, una nonna, una vicina di casa che era dell’Udi, soprattutto qui in Emilia Romagna.

A noi è toccata una sorte curiosa, cominciata nell’82 e finita - mi auguro - nel 2002: quella di diventare trasparenti in due ambiti in particolare: il femminismo e la sinistra.

Noi siamo state come dei vetri a specchio per cui chi ci guardava vedeva se stesso mentre noi, dall’altra parte vedevamo gli altri.

Ha agito nella politica un giudizio precostituito secondo il quale era, e ancora è, superfluo interpellare le organizzazioni delle donne perché il “femminismo” è per definizione di sinistra.

E la sinistra, politicamente corretta per vocazione, quando si tratta delle donne include e neutralizza.

Quando questo avviene anche il “femminismo” ha almeno una responsabilità, quella di avere sovente parteggiato apertamente per la sinistra, a volte contro ogni convenienza, per l’urgenza di dare come risolto il conflitto uomo-donna.

Ci siamo appropriate dell’opera di mediazione delle donne prima di noi che ci ha permesso di avere leggi e diritti e a pensarci libere senza un reale riconoscimento di quella storia e delle donne che l’hanno costruita.

Non parlo dei tanti studi e dei tanti convegni, anzi in questi anni è stato un fiorire di riconoscimenti, parlo della responsabilità politica verso l’altra e verso la rappresentazione collettiva del genere.



La responsabilità è la condizione primaria per pensare la politica come luogo, come accessibile, come condivisibile.

In assenza della responsabilità prevalgono le appartenenze, l’essere appunto “di sinistra”. Anche noi dell’Udi siamo state in molte occasioni assunte, ma in tante altre abbiamo assecondato questa consuetudine, con un danno reciproco perché il giudizio precostituito priva noi di autenticità e la sinistra di un contraddittorio reale.

Ci sono questioni che non sono di destra né di sinistra perchè toccano le sfere più intime delle persone e farci trascinare sul terreno dei valori e delle culture è per noi devastante: perché finora tutte le battaglie così fatte la sinistra le ha anche perse e perché le donne non hanno guadagnato in prestigio.

Mentre, se il femminismo ha un merito, è quello di aver portato il disordine nel patriarcato e di aver costretto gli uomini a mostrare le loro contraddizioni. Il disagio che oggi essi avvertono non è un nostro problema, non sta a noi risolvere le loro esistenze. Non sono nostri figli in eterno e, prima di essere mariti o amanti, sono l’altro con cui coabitiamo questo mondo.

Noi vogliamo semplicemente rimettere al centro della politica la relazione uomo – donna e assumerci tutte le responsabilità di una democrazia paritaria.

Con l’iniziativa politica 50E50 ovunque si decide, di cui è parte integrante la presentazione del Progetto di legge sulle Assemblee elettive, noi dell’Udi sfidiamo gli uomini a confrontarsi con le donne, alla pari.

Vogliamo che non un solo genere, ma tutti e due i generi si assumano la cura dell’altro, che è cura dei corpi, delle relazioni e dell’ambiente.

Forse, se si impara fin da piccoli - bambini e bambine - che la manutenzione è compito di tutti, forse, il futuro di noi umani sarà meno angosciante.

Forse cominciando dalla manutenzione riusciremo a rifondare insieme il sistema democratico con maggiore rispetto delle persone e minore spreco delle risorse.

La modernità deve essere rinominata riposizionando i corpi delle donne e degli uomini, delle bambine e dei bambini, delle straniere e degli stranieri perché questo nostro tempo sembra moderno quando annulla ogni riferimento ai generi ottenendo solo un effetto paradosso: da una parte si affermano le “pari opportunità per tutti”, dall’altra la differenza sessuale viene tradotta in una rinnovata divisione dei ruoli.

Fino all’uso, all’abuso e alla schiavitù.

In nome del politicamente corretto si cerca di annullare tutte le differenze.

In nome del divieto di discriminazione il concetto di persona è usato solo apparentemente per la salvaguardia degli individui.

Nella realtà si persegue, quasi scientificamente, la mortificazione delle istanze di democrazia e uguaglianza che le donne propugnano in nome della cittadinanza duale.

Sul piano politico, noi pensiamo che la presenza paritaria dei due sessi in ogni contesto in cui “si decide” è il primo ineludibile atto per interrompere questo progressivo svuotamento di senso.

La campagna 50E50 ovunque si decide, per il suo intento politico, che è ancora più ambizioso della legge, non può essere terreno di contrattazione con nessuna parte politica.

Il nostro obiettivo non è un riequilibrio della rappresentanza per favorire le donne, come appartenenti ad un sesso svantaggiato e sottorappresentato, anche se noi sappiamo bene cosa è l’oppressione e cosa hanno comportato tante lotte per l’emancipazione, anche sul piano dei diritti.

A questo punto della storia, dopo avere smascherato la pretesa neutralità del diritto, il nostro sguardo è cambiato anche rispetto al diritto e ci siamo date l’autorità di dare finalmente titolo alla dualità che a partire dal Genere è condizione di base essenziale per una autentica universalità.

Siamo arrivate a pensare che ci era necessaria una legge, lo abbiamo fatto partendo dalla realtà delle nostre vite e dopo esserci chieste cosa fosse meglio per noi.

Non siamo giunte a questo seguendo un percorso di immersione nello studio del Diritto, quasi come un percorso lineare che sarebbe stato inevitabile: tutt’altro, abbiamo guardato oltre, chiedendo al Diritto di piegarsi alla Politica, come del resto ha sempre fatto.

Per questo motivo, poniamo molta attenzione nel trovare le parole giuste per comunicare la nostra campagna.

Perché vogliamo uscire dal gergo di quelle che si capiscono solo tra loro e… se non hai fatto il femminismo non puoi capire.

Perché vogliamo incontrare le donne fuori dai consessi politici per confrontare direttamente il nostro pensiero senza preclusioni e senza pregiudizi.

Siamo anche molto attente ai modi e alle forme con cui occupiamo lo spazio pubblico, perché la nostra Proposta di legge parla da sola, è chiara, limpida e comprensibile per chiunque la legga e che può quindi consapevolmente decidere di firmarla.

La questione dell’uso del linguaggio è determinante, per noi.

Specialmente oggi, quando tutto viene complicato intenzionalmente e il linguaggio usato nella politica istituzionale è sempre più autoreferenziale, non viene usato quasi mai per comunicare realmente, ma tutt’al più per creare consenso.

Vogliamo che in ogni contesto in cui si decide i sessi siano presenti paritariamente, non per dare rappresentanza, nel senso tradizionale del termine, anche delle donne, ma rappresentazione adeguata ad entrambi i generi.

Pensiamo che questo assunto trovi conforto in un concetto rinnovato e finalmente compiuto di uguaglianza e che l’art. 51 della Costituzione, riletto in questa ottica, possa consentire di introdurre parole nuove nel diritto, come cittadinanza duale e democrazia paritaria, che non sostituiscono, non arrivano come aggettivi per “aggiungere” né specificano diversamente l’uguaglianza, piuttosto consentono oggi di dare senso pieno alla stessa uguaglianza.

Le donne non sono uguali agli uomini.

Gli uomini non sono uguali alle donne.

Né vi potranno mai essere leggi per “renderle” tali.
Lo sono però “davanti alla legge”.

Quindi, la loro differenza nella compresenza, in condizioni paritarie, fa l’uguaglianza. Consente cioè all’uguaglianza, alla cittadinanza e infine alla stessa democrazia di essere realmente tali”. Pina Nuzzo (Presidente Udi Nazionale)
http://www.deltanews.it/ (Delt@ Anno V°, N. 156 – 157 del 6 – 7 luglio 2007)

giovedì 5 luglio 2007

da Giuliana....!

Cara Laura,
prima di tutto scusami anche con le altre per non aver risposto all'sms sul da farsi per la campagna 50&50!!!
Ho cercato di recuperare e così:
1 - ho scritto al centro nazionale per avere moduli e notizie
2 - ho parlato con Rosanna Tosato per costituire il centro locale
3 - riunione ore 18.30 mercoledì 11 luglio Sala Gruppi di maggioranza (sopra il Pedrocchi).
Ci sentiamo presto
Giuliana

Nel frattempo avevo chiamato anche io l'UDI nazionale...vabbè!!!!insomma, a quanto pare la raccolta firme inizierà verso settembre, per dare a tutti il tempo di trascorrere una piacevole estate vacanziera e per fare in modo da trovare più gente nelle piazze...ciononostante, visto che pensavo che ci sarà la casetta al piovego di ACS e zattera urbana e varie ed eventuali...mi domandavo se non fosse il caso di spargere la voce anche lì in qualche modo, magari uno striscione sul 50 e 50...tipo....50&50 COMING SOON!...in modo da dire qualcosa e qualcosa no...e creare A QUESTO PUNTO SI un foglio sul nostro gruppo/blog. tipo chi siamo, cosa facciamo, una bella foto, il blog, un estratto di pensieri, e l'invito a firmare il 50 e 50 da dare al piovego in qualche modo...ahn????
carissime, fatemi sapere
SULL'INCONTRO??? leggete post precedente

mercoledì 4 luglio 2007

LUGLIO..COL BENE CHE TI VOGLIO....

bonjour!!!!!!!!!
allora, dopo tanto latitare sono qui!
innanzitutto andate a vedervi questo video, dura 4 minuti, ti mette di buon umore...
avete letto voi per caso questo libro?
http://www.quoterosashokking.com/video.html
Poi, quando ci vediamo per un 'sano' spritz? magari al piovego alle 7 o 8 di sera quando non c'è tanta gente ancora? magari mercoledi 11 o giovedi 12 (meglio mi sa!).
Tra l'altro il 10 pomeriggio c'è la laurea di Maria Cristina, con una tesi sulla salute sessuale e riproduttiva, possiamo anche vederci là se a qualcuno fa piacere...(MARIA CRISTINA STO INVITANDO AUTONOMAMENTE PERSONE ALLA TUA LAUREA....MI PERDONERAI???) almeno cos' ci facciamo compagnia!!
ATTENZIONE SI APRE CONCORSO A PREMI PER LA RICERCA DEL NOME DA 'DARCI'. LA SELEZIONE DELLE PROPOSTE VERRà EFFETTUATA IL PRIMO DI SETTEMBRE 2007. LA PERSONA CHE AVRA' L'IDEA VINCENTE, RICEVERA' IN PREMIO UNO SPRITZ....e cosa se no??? ehheh
fatemi sapere, voi o chi resta di voi!!!
baci
Laura

giovedì 14 giugno 2007

nuovo incontro

ciao a tutte, visto che mi sembra che questa settimana non siamo arrivate ad organizzarci, che ne dite della prossima?
io direi mercoledì o giovedì. mi fate sapere, o se qualcuno ha altre proposte, vediamo..
tra parentesi, sempre prossima settimana si può fare la cena di acs, no?
ciao
maria cristina

martedì 12 giugno 2007

incontro

PROSSIMO INCONTRO GIOVEDì PROSSIMO, CREDO SIA IL 21, nella nuova casa di Maria Cristina che ha deciso di ospitarci, per bere un caffè serale alle 20.30, zona dietro stazione. Che ne dite???
Laura

RETE FEMMINISTA SINISTRA EUROPEA





CIAO A TUTTE VI INVIO QUELLO CHE HANNO CONCLUSO LE DONNE CHE FANNO PARTE DELLA RETE FEMMINISTA DELLA SINISTRA EUROPEA OSSIA IL NUOVO PROBABILMENTE NASCITURO PARTITO CHE SEGUE ALLA FORMAZIONE DEL PARTITO DEMOCRATICO (MARGHERITA E PARTE DEI DS), SPOSTATOSI AL CENTRO OSSIA A DESTRA. LA PARTE DEI DS DISSIDENTE (sinistra democratica) CHE E' USCITA DAL PROGETTO, PARTE DEI COMUNISTI ITALIANI E RIFONDAZIONE, PIU' VARIE ED EVENTUALI, DORMERANNO QUESTO PARTITO SEMBRA, O MOVIMENTO, SI DECIDERA' IL 16-17 GIUGNO. Ora si sono formate delle reti di lavoro che hanno riflettuto sul Contenuto politico della Sinistra Europea e questo è il contributo della Rete femminista, costituitasi a maggio 2007 a Roma. COsa ve ne pare, leggete e poi fatemi sapere.


“Il senso della politica è la libertà”
( H.Arendt, che cos’è la politica?)



BOZZA DI CARTA D’INTENTI PER LA RETE FEMMINISTA DELLA SINISTRA EUROPEA

Titolo da definire

Care amiche e care compagne,

Ci rivolgiamo con questo appello a quante sono interessate ad un percorso di costruzione della Sinistra Europea, per invitarle a intrecciare con noi una Rete femminista italiana nella Sinistra Europea.
Detto così, può sembrare un po’ troppo sbrigativo, superficiale, immediato (inteso nel senso di senza mediazioni) e perciò proviamo a declinare ciò che non vogliamo e ciò che vogliamo.





Non vogliamo
Unificare, ricomporre, aggregare



Unificare le femministe di sinistra,
Ricomporre gruppi o soggettività di donne e giovani donne
Aggregare donne singole e/o associate e i loro movimenti.

Vorremmo


Incontrare percorsi personali e politici di donne ( e uomini?) che in questi anni hanno resistito attivamente alla deriva della politica e alla implosione delle forme di rappresentanza che recidono i rapporti tra i governanti e governati, fino alla forma estrema del berlusconismo, di quanti/e hanno lottato

• Per la dignità del lavoro, contro la precarietà, contro la colonizzazione della vita: tra mezzo di emancipazione e necessità, le donne hanno lottato per la parità e nello stesso tempo per la non parificazione, per l’uguaglianza e per la differenza, per la parità salariale e per il riconoscimento dei diritti “differenti” (maternità, permessi per la cura di figli/e, rifiuto del lavoro notturno etc.);

• Per la critica di economicismo, produttivismo, sviluppismo, lavorismo, di un punto di vista neutro, cioè maschile, che trascura il nesso tra vita e lavoro, e considera il lavoro come il punto costitutivo dell’identità individuale; questo lavoro, condizionato, colonizzato, non un altro lavoro, un lavoro liberato. A questo proposito è diffuso nel movimento delle donne in Italia, ma non solo, un dibattito sul reddito che punta al riconoscimento di valore per la produzione e la riproduzione sociale, per una dimensione produttiva dell’esistenza e per valorizzare nuovi percorsi di cittadinanza e autodeterminazione.




• Contro lo sfruttamento e la marginalizzazione di essere umani, contro l’invisibilità e la clandestinità di stranieri e straniere, contro la violenza alle donne e l’invadenza della Chiesa cattolica nella nostra vita e nelle leggi della repubblica italiana; contro un’Europa cittadella armata dove vige solo la libertà del mercato; contro la guerra infinita e la sua pervasività in ogni ambito della vita.


Non vogliamo

• Una Sinistra europea come un insieme di aggregazioni già date, incapaci di autotrasformarsi, o come organismo intergruppi, con esecutivi che si spartiscono il potere in proporzione a quanto “contano”.
• Donne come elementi aggiuntivi, annesse a un progetto costruito da uomini, ospiti più o meno tollerate, richieste per “riequilibrare” strutture e organizzazioni impresentabili in un’ Europa civile.
• Uomini che si pensino come soggetti assoluti, e rappresentanti politici “generali”


Vorremmo una Sinistra Europea



• Costituita da soggetti sessuati, coi loro corpi, i loro desideri, la loro aspirazione alla felicità.
• Radicalmente laica. Questo semplice aggettivo comporta non solo l’opposizione ferma e coerente alla ingerenza delle autorità religiose nella vita e nelle leggi, non solo la dimensione laica che lo Stato deve assumere nel senso di non pretendere di essere depositario di una sua verità da imporre, come nel caso del velo francese, ma soprattutto la decostruzione del potere del sacro, elemento costitutivo del moderno patriarcato, che attecchisce oggi nel vuoto e nella crisi della politica; la laicità come spazio pubblico costruito sull’etica delle relazioni, della pace, del disarmo
• Garante di diritti di tutte e tutti, di libertà di orientamenti sessuali, di convivenze e unioni costruite su libertà e desiderio.
• Aperta nelle frontiere europee per una cittadinanza di residenza e per uno spazio di vera accoglienza e vero scambio, per una convivenza che non escluda i conflitti di classe e di genere, che fanno avanzare i legami sociali e costruiscono spazi di libertà.
• Basata su uguaglianza/differenza: l’uguaglianza senza differenza è annessione e omologazione, la differenza senza uguaglianza di diritti diventa disuguaglianza.
• Critica delle forme attraverso le quali il movimento operaio nel Novecento ha inteso il socialismo come presa del potere con strategie sostitutive e analoghe a quelle delle forze dominanti, nonché tendenti a governare la società con costruzioni statalistiche totalizzanti: una sorta di idolatria dell’ordine statuale, in cui le lotte per la liberazione sono state piegate alla presa del potere e ad una logica sostitutiva del potere delle vecchie classi dirigenti.



Sulla base di questo non volere e volere vorremmo costituirci come Rete femminista della Sinistra europea, in relazione anche con la Rete europea El-Fem, con cui abbiamo intrecciato significative relazioni, provando a enunciare punti che dovrebbero essere al centro della nostra sperimentazione.









I Dieci Punti



• Autodeterminazione: difesa delle conquiste di emancipazione e libertà a livello legislativo e sociale contro gli attacchi concentrici di Vaticano e destre e gli equivoci del moderatismo del centro sinistra.

• Legge 40: la procreazione medicalmente assistita fa parte dei diritti e delle libertà, non può essere vietata dai fondamentalismi ideologici.

• Unioni civili: le forme di convivenza appartengono alle scelte individuali e devono avere tutte pari diritti.

• Cittadinanza europea: si è cittadine e cittadini là dove si vive, si ama, si lavora, si studia, di partorisce, si approda. La cittadinanza non può coincidere col lavoro o con l’esercito, va ripensata alla luce della soggettività femminile e dei bisogni delle donne migranti.

• Pace e disarmo: per una politica estera basata sulla critica dei militarismi e nazionalismi, anche nel linguaggio e nel simbolico, per il superamento delle frontiere e del “comunalismo” chiuso e identitario. “Come donna non ho patria, la mia patria è il mondo intero.” (V.Woolf).

• Critica della globalizzazione neoliberista: per un mondo in cui le risorse naturali non siano rapinate da interessi del mercato e della finanza. L’universalismo dei diritti non calpesti il rispetto delle differenze, ma queste non significhino per le donne chiusura in comunità di tipo patriarcale.



• Lotta contro il patriarcato a tutti i livelli, dalle discriminazioni sessiste sul lavoro alla schiavitù sessuale, dalle aggressioni e maltrattamenti all’assenza delle donne nelle istituzioni della politica e nei partiti, dalla misoginia alla cooptazione paternalistica.

• Familismo: vedi “unioni civili”. Siamo per diritti di donne, uomini, minori, etc, Siamo contro la mitologia del modello familiare unico. Siamo per l’emersione delle violenze in famiglia.

• Decostruzione del sacro: se è vero che la crisi della politica e la scissione tra etica e politica producono un ritorno al sacro come fattore costituente di identità personali e di pretese universalistiche, la decostruzione del sacro spetta in primo luogo alle donne, che dal nesso sacro/genere maschile – nesso costitutivo del moderno patriarcato – sono state storicamente marginalizzate e inchiodate a ruoli stereotipati e privatistici.

• Disordine: le donne devono creare disordine e scompaginare una forma della politica, quella dominante cioè maschile, costruita prevalentemente su equilibri di gruppi maschili che si danno reciproco riconoscimento e su forme di rapporti sociali basati sul potere.









N.B. : Vorrei che riuscissimo ad incontrarci per una discussione nel merito, prima di far circolare questa bozza.
Preciso che dovremmo cercare una forma organizzata agile ma rispondente alle caratteristiche della Rete.
Non so come, è tutta da studiare e sperimentare.

mercoledì 6 giugno 2007

DIRITTI SICURI - 14 giugno

Ragazze mi sono scordata di dirvi di questa iniziativa.

Oggi (entro la mattinata) è l'ultimo giorno per aderire e apparire sulla locandina! Si può aderire come singole/i, associazione, gruppo ecc. oppure col proprio nome e quello dell'associazione a fianco.



Buon incontro oggi e fatemi sapere cosa ne viene fuori!




DIRITTI SICURI
Abbiamo iniziato insieme una strada comune prima nel contrastare la logica delle ronde, poi nell’appoggiare la manifestazione contro l’ordinanza Zanonato sulla prostituzione
Abbiamo aperto questo percorso consapevoli della necessità di condividere l’insoddisfazione e il rifiuto di politiche, come quelle della Giunta Zanonato, tese a indurre paura e insicurezza, da un lato, e dall’altro a proibire/ghettizzare/multare come risposta ai fenomeni sociali o al disagio.
Vogliamo mantenere aperto questo spazio in maniera stabile.
La nostra è una scommessa: ripensare e ridisegnare la città, come bene comune in grado di affrontare la realtà e le sue contraddizioni mettendo sempre al primo posto i diritti della persona e la libertà di scelta di ognuno. Una scommessa per provare a dotarci di strumenti nuovi.
Non esistono maggioranze e minoranze. Esistono confronti seri e ragionati.
Per questi motivi:
INVITIAMO TUTTI a partecipare ad un primo momento pubblico di discussione che si svolgerà in COMUNE ( Palazzo Moroni)
il 14 GIUGNO ALLE ORE 20.30 .
Vi aspettiamo !!!
Promuovono :
Arcigay - Padova
Luca Bertolino ( Officina sociale Kilombo)
Tatiana Motterle (Circolo Lesbico Drastica...mente)
Cristal ( Prostitute e Trans di Padova )
Marta Cimento (Ass. Opera Nomadi di Padova )
Omid Firouzi ( Collettivo di Scienze Politiche )
Claudia Vatteroni (Ass. Razzismo Stop)
Benedetta Fiorelli ( Copy Riot )Max Gallob ( Cso Pedro ) Vilma Mazza ( Ass. Ya Basta )Giorgio Costantin ( Global Student - Collettivo Studenti Medi)Stefano Pieretti ( ADL Ass. Difesa Lavoratori )

DEFINITIVO

ci vediamo dunque domani alle 6 in centro. Chi ha qualcosa da dire dica o.....
laura!

martedì 5 giugno 2007

aggiornamento incontro

e se si facesse domani alle 20.00? in piazza? tavolino-spritz-tè caldo (!!!) oppure ditemi voi...dicevo così perchè vedevo che tatjana non può se non di sera e mi faceva piacere che ci fosse anche lei...
Rosa non mi ha risposto, DOVE SEI ROSAAA???
smeralda non ho capito se domani sera può o non può
idem per Andrea.
Lucia è incasinata questa settimana.
La valentina ha problemi per un po' di tempo..
Chi manca??? perchè non portate magari qualche amica?
Maria Cristina invece può. Giusto?
Se Andrea e Smeralda non ce la fanno ci troviamo giovedi pomeriggio alle 5.00.
Bene. Ora invio un messaggio a tutte le persone che si era contattato via VOLANTINI...chissà che non gli faccia piacere venire e conoscerci! Mah!
Un bacio, laura.

nuovo incontro

ciao a tutte!
in effetti dovremmo creare il nostro atto di nascita, il nostro manifesto..
per me SIRENE va benissimo, sono disponibile per vari incontri mercoledì, ma fino alle 7, sennò dopo le 8, anche giovedì. Dai, organizziamoci!
sarei contenta di andare il 9 a Bologna e fare poi i tre giorni a giugno, ragazze,pensiamoci!

lunedì 4 giugno 2007

INCONTRO???

CIAO DONNNNNNNEEEE!!!!
Quando ci vediamo??? sento la vostra mancanza!!! mercoledi alle 6 io dovrei essere libera in centro...se ci siete battete un colpo!!! vorrei discutere di...
- FAMILY DAY, VATICANO, LE NOSTRE ESPERIENZE, LA FAMIGLIA CHE COS'E'?
- PROPOSTE PER IL FUTURO....IL GIORNALINO 'SIRENE' MI PIACEVA TANTO...
- VORREI CAMBIARE IL TITOLO DEL BLOG CON 'SIRENE'
- VORREI CHE POTESSIMO FARE UNO SCRITTO DOVE SPIEGHIAMO PERCHE' CI 'SIAMO' E COSA PENSIAMO DI FARE IN MANIERA PIU' FORMALE...
ditemi di cosa volete parlare assieme!!
CHE DITE??? SUL TITOLO DEL BLOG POTETE GIà DARMI IDEE ORA!!!
baci e abbracci
laura

L'INIZIO DI USCIAMO DAL SILENZIO....

Tutto è cominciato con una mail... una giornalista, Assunta Sarlo, la indirizza alle donne che conosce per chiedere di pensare a qualcosa che possa farci uscire dal silenzio. Tema: la legge 194 del 1978.

“Le pagine dei giornali' dice - l'agenda politica, ci rimandano in questi giorni l'immagine guerresca per toni e sostanza di un nuovo attacco forte, dopo la fecondazione assistita e il blocco della Ru486, a una cosa cui tutte siamo affezionate: la nostra libertà di scelta, anche laddove - come nel caso dell'aborto- sia, come sappiamo, dolorosa e difficile...”

La rete si riempie di risposte di donne le più diverse; tra queste, Susanna Camusso che aggiunge: “un altro “brutto” giorno è passato, tra minacce di picchetti ai consultori, pillole RU486 che non arrivano a destinazione, commissioni di inchiesta e monitoraggi... Come si poteva temere l’arretramento della laicità delle istituzioni si trasforma in un attacco alle donne, alla nostra pelle, alla nostra salute, alla nostra autodeterminazione. Cogliamo negli appelli che corrono in rete un disagio che cresce, la paura che tutto resti nel silenzio, condividiamo, sappiamo che non si può stare in silenzio, è una responsabilità anche nostra. Noi saremmo per fare una grande assemblea di donne dove decidere insieme altre iniziative. Proponiamo a tutte martedì 29 novembre alle 21,00. Vi chiediamo di far girare il più possibile questa mail. Se ci date cenni positivi possiamo provare ad organizzarla, magari in una sede sindacale”

E’ nata così il
29 novembre 2005 Un'assemblea a Milano 'PER USCIRE DAL SILENZIO'

LIDIA CAMPAGNANO

Cara Laura, prometto che poi mi fermoI! Ma ho trovato questo interessante intervento di Lidia Campagnano che penso valga la pena far girare, cosa ne dici?
Un abbraccio
Giuliana

INIZIATIVE. LIDIA CAMPAGNANO: UN EVENTO
[Dal sito www.50e50.it riprendiamo il seguente intervento.
Lidia Campagnano e' una prestigiosa intellettuale femminista; in una breve
presentazione autobiografica di qualche anno fa cosi' si descriveva: "ho 55
anni, ho studiato filosofia all'Universita' degli Studi di Milano. Dalla
paura della storia, instillatami da piccola con i racconti della potenza e
dell'orrore nazista che avevano preceduto la mia nascita, sono passata alla
passione politica e a quella per la parola, scritta e parlata, come
possibili attivita' di cura (forse anche di consolazione) inventate
dall'umanita'. Dopo il Sessantotto e la scoperta del femminismo sono
diventata giornalista presso la redazione del "Manifesto", dove ho lavorato
per diciassette anni (i "quaderni del Golfo", durante "quella" guerra [del
1991], li ho ideati e curati io, pensando alle persone piu' giovani o a
quelle piu' disarmate e sconcertate). Ho partecipato alla fondazione di due
riviste di donne: "Orsaminore", a Roma, e "Lapis", a Milano. Adesso
collaboro dove capita: al "Manifesto" alla "Rinascita della sinistra",
all'"Unita'" qualche volta. In passato ho condotto varie trasmissioni
radiofoniche (presso la Rai) dedicate alle donne, e due trasmissioni
televisive (una settimana di commenti a una notizia del Tg Tre, una
trasmissione culturale del mattino presso la Rete 2). Ogni anno, in varie
citta' (Milano presso la Libera universita' delle donne, Roma prossimamente,
presso la Casa internazionale delle donne, Torino in occasione del Forum
"Native, immigrate, cittadine del mondo", Firenze mentre bombardavano
Belgrado, Lucca, Catania, in un campeggio di giovani a Policastro, Valencia,
presso l'Universita', e chissa' dove ancora) cerco e trovo modo di condurre
seminari, dialoghi e riflessioni collettive, soprattutto tra donne, a volte
anche con la partecipazione di uomini, sui temi simili a quelli che
trattiamo in quest'occasione. Ricordo anche la partecipazione a "punto G,
genere e globalizzazione", a Genova, con la conduzione insieme a Barbara
Romagnoli e Lea Melandri del gruppo "l'ordine sentimentale della
globalizzazione". Da allora collaboro qualche volta con la rivista "Marea"
diretta da Monica Lanfranco. Ho scritto vari saggi e relazioni, pubblicate
in vari luoghi, mi limito a segnalare due libri interamente miei: Gli anni
del disordine, pubblicato dalla Tartaruga edizioni di Milano nel 1996, una
meditazione per frammenti su cio' che la fine del mondo bipolare stava
producendo, soprattutto in Jugoslavia ma anche altrove, e Un dopoguerra
ancora, edito nel 2000 dalle edizioni Erga di Genova, in prosa poetica. Il
terzo e' in cantiere, sulle ferite inflitte nel tessuto spaziale e in quello
temporale, e nel senso biografico di una donna, dalle guerre di questi
nostri tempi"]

Sabato 19 maggio con l'appuntamento previsto per annunciare che la proposta
di legge dell'Udi per la democrazia paritaria e' stata depositata presso la
Corte di Cassazione ed e' pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale", e' accaduto
qualcosa: un evento. E gli eventi chiedono, dopo lo stupore, la riflessione.
Nella storia piu' recente dell'Udi per la prima volta un'assemblea
autoconvocata si e' trasformata in uno spazio pubblico davvero spalancato a
tutte le donne dotate di passione politica che volessero accedervi. Per la
prima volta queste donne hanno avvertito la liberta' di parlare di politica
a tutto campo, dalla guerra alla sessualita', per intenderci, prendendo
posizione, esponendosi, proponendo un confronto di opinioni, punti di
partenza, storie assolutamente differenziate, tanto individuali quanto
collettive. E per la prima volta si e' vissuto un autentico rimescolamento
delle carte: si poteva essere femministe oppure no, di sinistra oppure no,
esperte di politica oppure no, dotate di qualche notorieta' oppure no,
diverse per acculturazione, per condizione economica, per eta'... e capaci
di essere rappresentative, raccontando di "Usciamo dal silenzio", o del
partito dell'Italia dei valori, o della sinistra che lavora a unirsi, o dei
paesini della provincia di Modena dove una donna va a suscitare entusiasmo
per la proposta di "50 e 50" e sono paesini dove "non arriva mai niente,
neanche la nebbia".
Si poteva essere questo ed altro, dialogando nella serena certezza di aver
fatto strada, di volerne fare ancora e di non avere nulla da perdere nel
metterla a disposizione di tutte, quella strada.
Anche la storia, la memoria dell'Udi evocata da Pina Nuzzo
nell'introduzione, memoria cosi' straordinariamente politica per spessore e
per incisivita', ha potuto essere messa a disposizione di tutte e di tutti,
come patrimonio da elaborare, non come monumento. Il che di solito non
accade, e fa problema. O meglio, e' il problema (quello piu' nobile: ce ne
sono di meno nobili) che l'intero quadro politico in subbuglio affronta per
ricostruirsi, il problema delle identita' arroccate in un'autodifesa che
garantisce solo il calduccio delle appartenenze, non la vitalita' efficace,
fertile, nel presente e per il futuro. Ed e' cosi' che un'assemblea di donne
raccolta da un'associazione di donne diventa gia', in assenza di democrazia
paritaria ma nell'intento di realizzarla, un buon esempio per la politica in
generale. Tanto che avrebbero potuto venire anche gli uomini ad ascoltare, e
avrebbero capito. L'evento consiste nel fatto che una proposta politica, "50
e 50", si ritrova ad essere il precipitato di una corrente e di un tempo che
in assenza di progetto non riuscivano a esprimersi.
Dare forma, a una corrente nel tempo (corrente di vite, di desideri e
necessita', di pensiero e di preoccupazioni materialissime) e' arte
politica. E non si realizza a tavolino, nemmeno spendendo tutta
l'intelligenza di una o di molte. E' successo che un'associazione, l'Udi,
fiutando l'aria per alcuni anni con sensibilita', quasi di colpo si e' fatta
lievito in un impasto. Dire che l'ha deciso ai miei occhi e' troppo: cosi'
e' accaduto, e per qualsiasi organizzazione, di donne o di uomini, questa e'
un'avventura, di quelle che trasformano e sollecitano trasformazione
attorno.
Essere lievito non e' come mettere ordine in una casa e dirla propria, e'
quasi il contrario: e' contare su una uscita nel mondo di persone e di
ragioni alla ricerca di un altro spazio, dove circolino insieme liberta' e
responsabilita'.
Ma vale la pena di fermarsi qui, perche' sara' la campagna a raccontare che
cosa vuol dire essere lievito, le parole per dirlo verranno poi, nate da
un'esperienza che potrebbe andare ben oltre cio' che ora immaginiamo. Un
esperienza produttrice di eventi inediti, a catena, se la fiducia nelle
sorprese prodotte dal coraggio politico sara' forte. E anche in questo, nel
coraggio: le donne prima di tutti, e avanti a tutti? Puo' succedere.

9 GIUGNO BOLOGNA... CHI VIENE?

SABATO 9 GIUGNO dalle ore 10 presso il CONVENTO DI SANTA CRISTINA, via del Piombo 5.
A BOLOGNA L'ASSEMBLEA DELLE ASSEMBLEE
Care delle assemblee di varie città, la proposta che avete letto sul sito si è concretizzata: troviamoci in un'assemblea nazionale che sul sito di Usciamo dal Silenzio abbiamo chiamato "assemblea delle assemblee."
il 9 giugno, a Bologna, presso il Centro di documentazione, ricerca e iniziativa delle donne della città di Bologna, Convento di Santa Cristina, via del Piombo 5, dalle 10 alle 18.

A Bologna perché è una città dove c'e' un'assemblea che si è convocata dall'esperienza di usciamodasilenzio, e le bolognesi si sono in questi giorni attivate per mettere a disposizione di tutte quelle che verranno una sede accogliente.

Nel corso degli ultimi due anni si è costituita una rete, si è rafforzata quella già esistente, si è rinnovata a partire dalla manifestazione del 14 gennaio 2006.

In molte occasioni in questi ultimi mesi se ne è parlato, incontrandoci in qualche riunione, alcune di noi milanesi andando in qualche altra città abbiamo raccolto idee, suggerimenti a riguardo.

Bene, adesso è il momento.

Prima della pausa estiva, nel momento in cui abbiamo esperienze da mettere in comune, pratiche da condividere, proposte e azioni da discutere insieme, per rilanciare la nostra iniziativa e la nostra rete nei prossimi mesi.

Vogliamo aprire un confronto tra tutte le assemblee e su tutti i temi sui quali ci stiamo impegnando.

Uds di Milano ha dato la propria adesione alla campagna proposta dall'UDI "50e50, ovunque si decide", rispetto alla quale a Milano, in assemblea e in vari incontri di laboratorio, abbiamo individuato molti motivi, molte specificità per aderire con un nostro segno. Su questo stiamo costruendo un " Manifesto dei perché" che sarà un percorso, nel senso che evolverà e si arricchirà, raccogliendo nuovi perché che poi verranno rimessi in circolo.

L'abbiamo pensato come uno strumento dinamico e interattivo che incrocia e collega i temi di origine della manifestazione, la libertà femminile all'origine della vita e libertà femminile come misura della democrazia, la libertà di decidere, la nostra esperienza sulla salute riproduttiva e sul corpo, le varie forme di lotta alla violenza contro le donne, e come questi temi incrociano la democrazia paritaria, la nostra esperienza di continua interlocuzione con la politica istituzionale.

Accanto a questo, altri temi si impongono in questo periodo. Dopo il family day a San Giovanni, è cambiato qualcosa nello scenario che ci sta di fronte? Che tipo di famiglie vengono messe al centro di quell'iniziativa, cosa dice quella piazza del rapporto tra le generazioni, del legame tra precarietà lavorativa e proposte di politiche famigliari?

Cosa dice della laicità dello stato, dei diritti delle persone e delle donne?

Abbiamo molti motivi per incontrarci, continuiamo a scriverci sul sito per preparare l'assemblea delle assemblee.

A presto, al 9 giugno a Bologna



UsciamodalSilenzio

DA GIULIANA....

Cara Laura, non sono brava ad inserire nel blog le informazioni! puoi far girare tu? il giorno 11 (ALLA FESTA DI LIBERAZIONE)ci sarà la possibilità di discutere con Assunta Sarlo, la giornalista di Diario che ha promosso il movimento "Usciamo dal silenzio".
Un abbraccio
Giuliana

UNA TRE GIORNI A MILANO.....BY USCIAMO DAL SILENZIO!!!

22-23-24 GIUGNO NELL'AMBITO DELLA RASSEGNA “DA VICINO NESSUNO E’ NORMALE” DONNE POLITICA & PASSIONE: LA TRE GIORNI DI UDS AL PINI



Una tre giorni che sarà una festa, un minifestival, un incontro di pratiche politiche, idee e pensieri. Ci è piaciuto l'invito di Olinda a creare dentro la rassegna "Da vicino nessuno è normale" uno spazio di Usciamo dal silenzio.
Uno spazio e un tempo - tre giorni dal 22 al 24 giugno - per raccontare le cose che abbiamo fatto e i progetti che abbiamo in campo, per stare con altre e altri, per ascoltare buon teatro, buona musica, mettere in comunicazione tanti diversi linguaggi. Abbiamo in questa sfida trovato molte compagne di strada e molti preziosi aiuti ma altri ce ne servono.

Il sito, come sempre, è il capolinea di idee, proposte e delle disponibilità - speriamo numerose - a dedicare un po' del vostro tempo alla riuscita della tre giorni.

Ecco il programma dei tre giorni:

“DONNE POLITICA & PASSIONE”

Tre giorni di incontri, riflessioni, spettacoli, film e festa sulla libertà delle donne e la democrazia paritaria con il movimento
Usciamo dal Silenzio

VENERDI 22 GIUGNO
Dalle 19.30 a notte : happy hour, dibattito sulla libertà delle donne.
- ORE 20,30: incontro: “a che punto è il cammino delle donne” con Sandrine Treiner curatrice del “Libro nero della donna. Violenze, soprusi e diritti negati”.
- ORE 22: LELLA COSTA in «Femminile e singolare. Vedi alla voce poetessa»
-ORE 23: proiezione di “Processo per stupro”, documentario/inchiesta della Rai

SABATO 23 GIUGNO

- ORE 17: ASSEMBLEA DELLE DONNE DI USCIAMO DAL SILENZIO su “Politica tra desiderio e esperienza”. Con la partecipazione di parlamentari, esponenti dei partiti, dei movimenti e del mondo del lavoro.
- ORE 21: incontro con ALINA MARAZZI, cine-autrice di un film documentario sul movimento delle donne in Italia
- ORE 22: OTTAVIA PICCOLO in “Donna non rieducabile” memorandum teatrale su Anna Politkovskaja di Stefano Marsini, a cura di Silvano Piccardi
- ORE 23: FESTA DI UDS: partecipano Hunky Funky, la Banda Solidale, la dj Federica Grappasonni

DOMENICA 24:

- ORE 17: incontro/dibattito sulla precarietà della vita e del lavoro
- ORE 18.30: Incontro con NAWAL EL SAADAWI, scrittrice e voce del femminismo arabo
- ORE 21: brindisi, saluti, abbracci....
- ORE 22: spettacolo: DEBORA VILLA in “Quello che le donne...”

E inoltre:
mostre e proiezione di filmati e documentari di registe su lavoro, maternità, violenza e diritti delle donne

nel bar del Pini aperitivi, spazio chiacchiere, musica



Per dare la vostra disponibilità a lavorare con noi durante la tre giorni scrivete al sito.

Vi aspettiamo numerose e numerosi.



Uds

sabato 2 giugno 2007

MA COME SI COMPORTANO LE DONNE IN POLITICA???

L'azione politica femminile segue delle logiche diverse da quelle tradizionali. Due sondaggi condotti a distanza di nove anni, effettuati per iniziativa dell'UE (Indagini svolte dall'Eurobarometer nel 1987, e dall' Ifop-Gallup, France, nel marzo 1996) ha rivelato che i cittadini europei sarebbero favorevoli ad una maggiore presenza femminile nei Parlamenti nazionali, poiché ciò contribuirebbe a rendere la politica più a misura d'uomo.
Nei Paesi scandinavi (dove le donne sono entrate a far parte stabilmente dei centri decisionali), vi è stato un sensibile cambiamento dell'indirizzo politico. Infatti, sono stati emanati provvedimenti, volti a migliorare la situazione educativa, sanitaria ed economica della collettività, senza ricorrere ad inutili e demagogici scontri di fazione.
A conferma di quanto detto, un'indagine condotta in Finlandia, Svezia, Paesi Bassi e Gran Bretagna, ha rivelato che le rappresentanti dei cittadini tendono a dare la priorità allo Stato sociale, alla cultura, ai problemi quotidiani dei cittadini.
Inoltre da un'indagine condotta per conto dell'UE nei Paesi Bassi, è stato riscontrato un diverso comportamento di uomini e donne nei Parlamenti. Secondo i loro colleghi e collaboratori, le parlamentari non sono propense a dilungarsi nelle questioni di principio, che spesso rallentano le attività parlamentari. Esse preferiscono affrontare in modo pragmatico le questioni inerenti al loro incarico, conservando una prospettiva attenta al sociale. Inoltre, le parlamentari mantengono il contatto, non solo formale, con il proprio elettorato in diverse sedi, non sempre ufficiali.
In generale, ciò che distingue l'approccio femminile alla politica è l'attenzione all'individuo, ai suoi tempi, spesso diversi da quelli imposti dalle logiche di produzione della società attuale. Le donne in politica tendono ad essere meno aggressive, ma più democratiche, mostrando molta sensibilità verso gli interessi degli elettori. Esse, inoltre, sono aperte ai cambiamenti ed inclini al lavoro di gruppo. La via femminile della politica sembra rispondere a molte delle istanze di rinnovamento, che provengono da parte della società. Le donne propongono, in base alla loro esperienza, un metodo, basato sulla comunicazione, caratterizzato da un interscambio non verticistico con gli individui, e non solo con le istituzioni.
Dato il deterioramento delle istituzioni politiche elettive, l'approccio femminile alla gestione del potere dello Stato potrebbe costituire una valida alternativa all'attuale modello politico, che non soddisfa la cittadinanza.
Queste considerazioni indicano che i costumi e la cultura stanno cambiando. Sono segnali importanti, che danno fiducia ed ottimismo per il futuro, non solo delle donne ma di tutta la società.
Tuttavia, le donne continuano ad essere sottorappresentate in Italia ed in molti Paesi europei. L'UE, infatti, ha riconosciuto l'esistenza di questa situazione ed ha stabilito una serie di indicazioni di principio, destinate ad essere operativamente recepite, da parte dei Paesi membri.
Non basta, quindi, avere un atteggiamento positivo verso l'ingresso delle donne nel mondo della politica. Occorre avviare delle misure concrete per ottenere dei validi e permanenti risultati. L'obiettivo è quello di creare le condizioni, affinché le donne entrino a pieno titolo nella politica. L'obiettivo è quello di non dover più destare clamore inserendo un numero cospicuo di donne in un organo esecutivo!

FESTA DI LIBERAZIONE...RICHIESTA NOSTRA PRESENZA AL DIBATTITO




carissime tutte,
avete voglia di partecipare a questo dibattito? si tratterà di far presenti le istanze da un punto di vista giovane e 'al rosa', per la creazione dell'agenda di lavoro su cui si concentrerà il dibatto della sinistra europea a PD. Penso sia importante no? durante la serata forse sarà già possibile avere dei moduli per la raccolta firme per la proposta 50e50. Sarà inoltre importante occasione per creare il comitato per la raccolta firme. E poi magari si mangia assieme??? baci
Laura

giovedì 31 maggio 2007

APRIAMO UN CONFRONTO TRA DONNE

Ciao a tutte.
Come già avevo detto ad alcune di voi, col mio circolo abbiamo pensato di aprire uno spazio di riflessione e confronto tra donne.
Vi incollo il comunicato qui sotto.
Aspettiamo anche voi!!
Tati

APRIAMO UN CONFRONTO TRA DONNE

In quest’ultimo periodo stanno accadendo fatti che ci hanno spinte a fare alcune riflessioni in quanto donne. A Padova l’ordinanza di Zanonato contro la prostituzione ha fatto tornare alla ribalta discorsi vecchi e triti sulla morale, il senso del pudore, l’uso dei corpi delle donne. A livello nazionale il Family Day e la Conferenza nazionale sulla famiglia ci riportano indietro di decenni rispetto al ruolo delle donne nella società e nella famiglia.
È la prosecuzione coerente degli attacchi degli ultimi anni alla nostra libertà e autodeterminazione, il cui esempio peggiore è stata la legge 40 sulla procreazione assistita, in occasione della quale non pochi sono stati i tentativi di minacciare il diritto all’aborto, conquistato con anni di lotte. È una prosecuzione coerente nonostante il governo all’epoca fosse di destra, perché purtroppo sembra che, rispetto a certe tematiche, non siano più così grandi le differenze tra la destra e la sinistra, soprattutto quella cattolica.
Una certa sinistra si sta appunto sempre più prostrando ai piedi della Chiesa, che sembra ormai riesca a fare il bello e il brutto tempo in un mondo politico che dovrebbe essere laico. Il potere del Vaticano ha in effetti un ruolo fondamentale in tutto quello che sta accadendo, ma sembra che molti non se ne accorgano o si rifiutino di ammetterlo. Quel potere però non esiste di per sé, ma proprio perché le istituzioni lo permettono, perché rinunciano vergognosamente al loro ruolo costituzionale, che è quello di operare indipendentemente e laicamente.
In tutto ciò forse nemmeno le donne si accorgono che la loro libertà è minacciata: i discorsi sulla famiglia e i suoi diritti implicano, ormai apertamente, la centralità del ruolo di cura, che continua ad essere visto come tipicamente femminile; le dichiarazioni sulla vita e i diritti dell’embrione sottintendono la limitazione della salute della madre e così via.
Pensiamo che le donne debbano avere un ruolo centrale nel contrastare tali derive della politica (istituzionale e non), ma vorremmo capire quale ruolo. Cosa vogliamo? Quali sono le nostre priorità nell’agenda politica cittadina e nazionale?
Per rispondere a queste domande, per trovarne altre, per vederci in faccia e confrontarci, invitiamo ad una discussione collettiva le donne delle varie realtà padovane e tutte coloro
che sentano come noi la necessità di approfondire questi temi.
Incontriamoci

LUNEDÌ 4 GIUGNO alle 21
nella Sala ex Dazio
in Riviera Paleocapa 98

Circolo Lesbico Drasticamente

martedì 29 maggio 2007

"La donna è un essere «occasionale»" (?!)

Simone de Beauvoir, introduzione a "Il Secondo Sesso"

Se la sua funzione di femmina non basta a definire la donna, se ci rifiutiamo anche di spiegarIa con «l'eterno femminino» e se ciò nonostante ammettiamo che, sia pure a titolo provvisorio, ci sono donne sulla terra, dobbiamo ben proporci la domanda: che cosa è una donna?
L'enunciazione stessa del problema mi suggerisce subito una prima risposta. È significativo che io lo proponga.
A un uomo non verrebbe mai in mente di scrivere un libro sulla singolare posizione che i maschi hanno nell'umanità. Se io voglio definirmi, sono obbligata anzitutto a dichiarare: «Sono una donna»; questa verità costituisce il fondo sul quale si ancorerà ogni altra affermazione. Un uomo non comincia mai col classificarsi come un individuo di un certo sesso: che sia uomo, è sottinteso.
È pura formalità che le rubriche: maschile, femminile appaiono simmetriche nei registri dei municipi e negli attestati d'identità. Il rapporto dei due sessi non è quello di due elettricità, di due poli: l'uomo rappresenta insieme il positivo e il negativo al punto che diciamo «gli uomini» per indicare gli esseri umani, il senso singolare della parola vir essendosi assimilato al senso generale della parola homo.
La donna invece appare come il solo negativo, al punto che ogni determinazione le è imputata in guisa di limitazione, senza reciprocità.
Mi sono irritata talvolta, durante qualche discussione, nel sentirmi obiettare dagli interlocutori maschili: «voi pensate la tal cosa perché siete una donna»; ma io sapevo che la mia sola difesa consisteva nel rispondere: «la penso perché è vera», eliminando con ciò la mia soggettività, non era il caso di replicare: «E voi pensate il contrario perché siete un uomo»; perché è sottinteso che il fatto di essere un uomo non ha nulla di eccezionale. Un uomo è nel suo diritto essendo tale, è la donna in torto.
Praticamente, nello stesso modo che per gli antichi c'era una verticale assoluta in rapporto alla quale si definiva l'obliquo, esiste un tipo umano assoluto, che è il tipo maschile. La donna ha delle ovaie, un utero; ecco le condizioni particolari che la rinserrano nella sua soggettività: si dice volentieri «pensa con le sue glandole». L'uomo dimentica superbamente d'avere un'anatomia, che comporta ormoni e testicoli. Egli intende il proprio corpo come una relazione diretta e normale con il mondo che crede di afferrare nella sua oggettività, mentre considera il corpo della donna appesantito da tutto ciò che lo distingue: un ostacolo, una prigione.
«La femmina è femmina in virtù di una certa assenza di qualità», diceva Aristotele. «Dobbiamo considerare il carattere delle donne come naturalmente difettoso e manchevole»; e S. Tommaso ugualmente decreta che la donna è «un uomo mancato», un essere «occasionale».
Che Dire?!

lunedì 28 maggio 2007

Specchi deformanti...

"Per secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi dal potere magico e delizioso di riflettere la figura dell’uomo ingrandita fino a due volte le sue dimensioni normali.”

Virginia Woolf, "Una stanza tutta per sè"

E se lo dice lei...

Femminilità combattiva

Un esempio di combattività ante litteram :)
perchè, diciamocelo,
le donne sono fondamentalmente pacifiste,
ma non certo sempre PACIFICHE...

Da "Il barbiere di Siviglia" Gioacchino Rossini 1816
Aria "una voce poco fa", Rosina

...
lo sono docile,
son rispettosa,
sono ubbediente,
dolce, amorosa;
mi lascio reggere,
mi fo guidar.
Ma se mi toccano
dov'è il mio debole,
sarò una vipera
e cento trappole
prima di cedere
farò giocar.

venerdì 25 maggio 2007

DISCORSO PUBBLICO 24 MAGGIO 2007

SALVE, PARLO A NOME DI UN GRUPPO DI RAGAZZE DAI 19 AI 28 ANNI CHE DA 2 MESI CIRCA SI STANNO CONFRONTANDO SUL TEMA DELLA DEMOCRAZIA PARITARIA E DELLA QUESTIONE DI GENERE PIU' IN GENERALE IN ITALIA.
QUESTO GRUPPO E' NATO PARALLELAMENTE AD UN CORSO DI FORMAZIONE CHE ACS (ONG DI PADOVA CHE SI OCCUPA DI COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E INTEGRAZIONE SOCIALE) HA ORGANIZZATO QUEST'INVERNO DAL TITOLO 'IL RUOLO DELLA DONNA NEI PROCESSI DI SVILUPPO' IN CUI SI E' PARLATO UN PO' DELLA SITUAZIONE DELLE DONNE DEL SUD DEL MONDO.
FATTO STA CHE E' NATA L'ESIGENZA TRA LE PARTECIPANTI DI DISCUTERE ASSIEME ANCHE E SOPRATTUTTO DELLA SITUAZIONE ITALIANA..ED ECCO CHE E' NATO QUESTO GRUPPO PARALLELO DIRAGAZZE CHE, TRA UNA RIUNIONE E L'ALTRA SPESSO ATTORNO AD UNO SPRITZ IN PIAZZA E TRA UN POST E L'ALTRO PUBBLICATI SUL BLOG CHE ABBIAMO APERTO COME GRUPPO, SONO ARRIVATE ALLE RIFLESSIONI CHE VORREMMO CONDIVIDERE CON VOI CON QUESTA LETTERA.
LA PRIMA DOMANDA CHE ABBIAMO DOVUTO PORCI E' QUESTA....MA STIAMO PARLANDO DI DONNE...SARA' MICA CHE SIAMO 'FEMMINISTE'? C'E' STATA UNA LUNGA DISCUSSIONE SULL'ARGOMENTO. VI ASSICURO CHE NON E' FACILE PER UNA GIOVANE IDENTIFICARSI COME 'FEMMINISTA'....GLI 'ISMI' ORMAI STANNO SCOMODI A TUTTI...E C'E' UNA GRANDE PAURA DI IDENTIFICARSI IN QUALCOSA CHE SEMBRA PIU' GRANDE E PIU' POTENTE DI NOI...QUALCOSA CHE RIMPIANGE IL PASSATO...QUALCOSA CHE NON ABBIAMO INIZIATO NOI...UN 'ISMO' INSOMMA.
ALLORA ABBIAMO DATO ALLA PAROLA FEMMINISTA L'ACCEZIONE CHE PIU' CI ERA CONSONA: ESSERE FEMMINISTA E' PER NOI RICONOSCERE LA DIFFERENZA TRA MASCHILE E FEMMINILE CHE FORMANO L'UNO DELL'UMANITA'. DIFFERENZA PROFONDA A VOLTE NEI RUOLI CHE SI HANNO NELLA SOCIETA', NEGLI INTERESSI, NELLE PRIORITA', NEL MODO IN CUI SI E' SOCIALIZZATI AD AVERE ATTITUDINI DIVERSE ALLA VITA. E QUINDI ANCHE UNA DIFFERENZA NEL MODO DI FARE POLITICA. A PARTIRE DA QUESTA CONSAPEVOLEZZA, CHI SI DEFINISCE COME FEMMINISTA SI IMPEGNA PER LA TRASFORMAZIONE SOCIALE, LA ROTTURA DEGLI STEREOTIPI DI GENERE, LA ROTTURA DEGLI SCHEMI DI POTERE ESISTENTE TRA I DUE GENERI. SI ROMPE CON L'ORDINE DATO, LO SI DESTRUTTURA, PER PORTARLO AD ESSERE PIU' CONSONO ALLE ESIGENZE DI CHI VUOLE VIVERE IN LIBERTA' LA VITA CHE HA SCELTO DI VIVERE.
SIAMO CONVINTE CHE ESSERE FEMMINISTE NON E' SOLO LOTTARE PER I DIRITTI DELLE DONNE, MA ANCHE PER LA LIBERTA' DEGLI UOMINI. SIAMO CONVINTE CHE LE GABBIE DEGLI STEREOTIPI DI GENERE, LA SOCIETA' GERARCHICA E BASATA SUL CONTROLLO DEL PIU' FORTE SUL PIU' DEBOLE, LE DICOTOMIE BIANCO-NERO, LA VIOLENZA E LE GUERRE COME STRUMENTO DI RISOLUZIONE DEL CONFLITTO, CHE IL PATRIARCATO HA CREATO NEL CORSO DEI SECOLI, LI RENDE TUTTI IN GRAN PARTE VITTIME DEL LORO STESSO SISTEMA. NOI SIAMO VITTIME DUE VOLTE. PER QUESTO CI OPPONIAMO IDEALISTICAMENTE NON AGLI UOMINI IN QUANTO TALI MA AGLI UOMINI E ALLE DONNE CHE DESIDERANO MANTENERE INTATTI GLI ATTUALI SCHEMI DI POTERE...L'ATTUALE FUNZIONAMENTO SOCIALE E INTERNAZIONALE.
POI ABBIAMO DISCUSSO DI DONNE E DI POLITICA.
L'ITALIA E' CERTAMENTE UN CASO ANOMALO, SIAMO PARTITE DA QUI.
PAESI A NOI VICINI COME SPAGNA, AUSTRIA, GERMANIA, PAESI NORDICI STANNO GIA' OLTRE IL 30% DI DONNE IN PARLAMENTO. MA, PER ESSERE CHIARI QUESTA COSA SEMBRA NON DIPENDERE MOLTO DALLA RICCHEZZA CHE HA UN PAESE: INFATTI ECCO CHE TROVIAMO PAESI IN VIA DI SVILUPPO CHE HANNO TASSI DI PRESENZA FEMMINILE OLTRE IL 30 % COME ARGENTINA, BURUNDI, TANZANIA, SUD AFRICA, MOZAMBICO E COSTA RICA, PER CITARNE ALCUNI. IL RWANDA VEDE META' DEL SUO PARLAMENTO AL ROSA.
IL LIVELLO DI RAPPRESENTAZIONE FEMMINILE NEL NOSTRO PAESE E' SUI LIVELLI DI QUELLA DEL TURKMENISTAN(con nulla togliere al Turkmenistan), UN MAGRISSIMO 15%.
PERO' E C'E' UN PERO' ANCHE GLI STATI UNITI ARRIVANO APPENA AL 15%, LA FRANCIA AL 12%...CI SARA' DUNQUE DA STARE ALLEGRI? CERTO CHE NO SE PENSIAMO CHE ALMENO QUESTI PAESI HANNO VISTO E STANNO VEDENDO COME CANDIDATE ALLA PRESIDENZA DUE DONNE. PER QUANTO CIO' POSSA SIGNIFICARE....MA ALMENO C'E' L'OCCASIONE PER POTERSELO DOMANDARE.

L'ITALIA E' UN PAESE CHE NON STA PIU' DIETRO AL RESTO DEI SUOI COLLEGHI PER QUANTO RIGUARDA IL PROGRESSO VERSO L'UGUAGLIANZA DI GENERE. NON SOLO I PROGRESSI SONO LENTISSIMI MA ADDIRITTURA STIAMO ASSISTENDO A DELLE PREOCCUPANTI ONDE DI RIFLUSSO. BASTI PENSARE AGLI ATTACCHI ALLA LEGGE 194, AL PRECARIATO CHE SPINGE SEMPRE PIU' DONNE A RITORNARE TRA LE MURA DOMESTICHE, AL DECLINO DELLO STATO SOCIALE CHE CARICA SEMPRE PIU' IL LAVORO DI CURA SOCIALE SULLE SPALLE DELLE SOLE DONNE.
SE QUESTO NON BASTASSE PRENDIAMO UN PO' DI DATI: L'UNDP NEL 1995 DENUNCIAVA COME LE DONNE ITALIANE FOSSERO QUELLE CHE LAVORAVANO DI GRAN LUNGA PIU' DEGLI UOMINI, TRA LAVORO RETRIBUITO E NON, TRA I PAESI SVILUPPATI.
IL COMITATO PER L'OSSERVAZIONE DELLA CONVENZIONE SULL ELIMINAZIONE DI TUTTE LE FORME DI DISCRIMINAZIONE CONTRO LE DONNE NEL 2005 SI DICEVA MOLTO PREOCCUPATO DEL CASO ITALIANO, ACCUSANDO IN PARTICOLARE I NOSTRI MEDIA DI FORNIRE UNA RAPPRESENTAZIONE FEMMINILE DISTORTA E DISCRIMINATORIA.
DA ULTIMO UN RAPPORTO PUBBLICATO NEI PRIMI MESI DEL 2007 CI DICE CHE ADDIRITTURA 9 MILIONI DI DONNE AVREBBERO SUBITO UNA FORMA DI VIOLENZA DA PARTE DI UN UOMO NEL CORSO DELLA LORO VITA. OSSIA IL 30% DI NOI. OSSIA UNA DONNA SU TRE.

MA PERCHE' NON SI FA NIENTE, PERCHE' E' COSI' LA SITUAZIONE?
CE LO SIAMO CHIESTE A GRAN VOCE...CI SIAMO RISPOSTE CHE EVIDENTEMENTE AL NOSTRO PARLAMENTO NON ESISTE NEMMENO UN DEPUTATO O UNA DEPUTATA CHE RISCHIEREBBE POSTO E FACCIA IN QUELLA CHE POTREBBE RISULTARE UNA BATTAGLIA PERSA. EH SI ....SEMBRA PROPRIO CHE ULTIMAMENTE LE BATTAGLIE SUI DIRITTI DELLE DONNE NON INCONTRINO TROPPO FAVORE, SIA ALL'INTERNO DEL NOSTRO PARLAMENTO SIA NELLA SOCIETA' INTERA.
INFATTI SEMBRA CHE TUTTI E TUTTE DICANO: MA COSA VOGLIONO ANCORA QUESTE? ORA ORMAI I DIRITTI CE LI HANNO TUTTI! STRANO NOTARE COME L'IMPRESSIONE CHE VIENE DA OLTRE CONFINE SIA BEN DIVERSA....
MA PERCHE' NON SI E' PIU' VICINI AI PROBLEMI DELLE DONNE? PERCHE' NON CI SI INDIGNA PIU'?
LA PRIMA COSA E' LA RIPROVAZIONE CHE UNA SI SENTI ADDOSSO NON APPENA OSI PRONUNCIARE DISCORSI A FAVORE DELLE DONNE... VIENI GUARDATA MALISSIMO, TACCIATA DI ESSERE UNA FEMMINISTA E QUESTA SEMBRA ESSERE ORMAI UNA DELLE OFFESE PIU' GRANDI OLTRE ALLA SOLITA IPERUSATA ESPRESSIONE CHE NON CITERO' PERCHE' SE NE PARLA ANCHE A SPROPOSITO ULTIMAMENTE A PADOVA.
IL MOVIMENTO FEMMINISTA E LA SUA VALENZA SUL PIANO STORICO, SOCIALE E POLITICO IN ITALIA E' STATO DILEGGIATO E DECOSTRUITO NEL CORSO DEGLI ANNI E ORMAI L'IMPRESSIONE CHE SE NE HA E' CHE SIA TRATTATO SOLO DI UN MANIPOLO DI ISTERICHE CHE BRUCIAVANO I REGGISENI.
LE DONNE, AVENDO SMESSO NEL CORSO DEGLI ANNI DI FARE DISCORSI SULLA PROPRIA CONDIZIONE PER REAZIONE, HANNO SMESSO ANCHE DI ESSERE CONSAPEVOLI DELLA PROPRIA IDENTITA' DI GENERE. SI DICE CHE CHI HA I PRIVILEGI NON LI VEDE, QUI SEMBRA CHE ANCHE CHI E' SVANTAGGIATO NON RIESCA NEANCHE PIU' A VEDERLO COME UN PROBLEMA. E' COSI' E BASTA. E CHI HA AIUTATO QUESTE DUE PRIME COSE A SUCCEDERE?
CERTAMENTE I NOSTRI PRESTIGIOSI MEDIA, CHE SI SONO NOTEVOLMENTE IMPEGNATI A CREARE PER LE GENERAZIONI NATE DAGLI ANNI '80 IN POI UNA CAPPA INVISIBILE DI VITA PERFETTA E SENZA PROBLEMI SOTTO LA QUALE POTER VIVERE IN LIBERTA' LA PROPRIA VITA INDIVIDUALE, DISINTERESSARSI DEGLI ALTRI, PERCHE' GLI ALTRI STANNO TUTTI BENE E SE NON STANNO BENE E' PERCHE' NON SONO COME NOI. ED ECCO TUTTO. QUESTO PERMETTE AI GIOVANI D'OGGI DI NON CURARSI DI COSA GLI SUCCEDA INTORNO. I NOSTRI COETANEI NON RICONOSCONO IL FATTO DI ESSERE MANOVRATI SILENZIOSAMENTE. PENSANO DI ESSERE PIU' LIBERI CHE MAI...ED ECCO INVECE CHE SONO PIU' PRIVI DI LIBERTA' DI UNA VOLTA. HANNO SICURAMENTE PERSO LA LIBERTA' DI PENSARE CON LA PROPRIA TESTA.
E QUI VENGO ALLA SECONDA DELLE RAGIONI CHE SPIEGANO PERCHE' LE DONNE STIANO PERDENDO LA PROPRIA COSCIENZA DI GENERE.
LE NUOVE GENERAZIONI SONO STATE EDUCATE DA UNA SCUOLA E DA UNA SOCIETA' CHE NON HA MAI SAPUTO E VOLUTO TRASMETTERE LORO L'IMPORTANZA DI AVERE UN PENSIERO CRITICO ED AUTONOMO. INSOMMA QUESTA GENERAZIONE X NON E' CERTO NATA SOTTO I CAVOLI.
ECCO QUINDI CHE CI RITROVIAMO CON INVECE CHE UN FEMMINISMO DIFFUSO, DI CUI TANTO SI E' PARLATO, CON UN ANTIFEMMINISMO DIFFUSO.
PER QUANTO RIGUARDA LE DONNE E LA POLITICA POI BISOGNA FARE UN DISCORSO ANCORA PIU' GENERALE E RACCONTARE DI COME LA POLITICA STIA VIVENDO LA SUA PIU' PROFONDA FASE DI CRISI IN ITALIA.
ED E' SOPRATTUTTO UNA CRISI DI SINISTRA, UNA SINISTRA CHE NON HA PIU' IL CORAGGIO DI STARE A SINISTRA. UNA SINISTRA CHE HA PERSO LE SUE POSIZIONI, LE TRASFORMA E LE APPIATTISCE. UNA SINISTRA CHE E' SEMPRE PIU' LONTANA DALLA GENTE. NON DIFENDE COSE BASILARI COME LO STATO SOCIALE, L'EDUCAZIONE, LA FAMIGLIA STESSA, E LASCIA CHE LE DESTRE NE FACCIANO I PROPRI CAVALLI DI BATTAGLIA.
NEPPURE LA LAICITA' SONO IN GRADO DI DIFENDERE, ORMAI CI SIAMO CONVINTI DI AVERE UNA VIA ITALIANA ALLA LAICITA', UNA VIA IN CUI, IL VATICANO E' IL PRIMO REFERENTE E INTERPRETE DELLE ISTANZE E DELLE PROBLEMATICHE CHE LA POPOLAZIONE SEMBREREBBE VIVERE.
ORAMAI A CAUSA DELLA CRISI DELLA POLITICA, ALTRE FORZE PIU' POTENTI POSSONO ALZARE SENZA PROBLEMI LA LORO VOCE. SPAURITI COME SONO SI PERDERE VOTI ASCOLTANO SOLAMENTE CHI DALLA SOCIETA' ALZA LA VOCE PIU' FORTE.
MA IN UNO SCENARIO DEL GENERE MA CHE TIPO DI DIFFERENZA FA ESSERE DI DESTRA O DI SINISTRA? LA POLITICA E' DISTANTE DALLA E GENTE E SOPRATTUTTO DAI GIOVANI....E QUESTO NON FA BEN SPERARE PER LA NOSTRA DEMOCRAZIA!
VORREI ORA PORRE L'ATTENZIONE SUL FATTO CHE LA CRISI DELLA POLITICA SIA SOSTANZIALMENTE IMPUTABILE AD ALL'ELITE SOCIALE CHE DETIENE IL POTERE IN QUESTO PAESE: UN'ELITE MASCHIA, OVER 50, DI CLASSE ALTA, BIANCA, CATTOLICA ED ETEROSESSUALE.
ED E' PER QUESTO CHE SOSTENIAMO LA PROPOSTA DELL'UDI, SULL'INTRODUZIONE DELLE QUOTE ROSA AL 50% IN ITALIA.
La politica è uno spazio maschile, e se non si fanno misure affermative per rompere l'ordine dato saprà dura ma proprio dura che le donne arriveranno a far politica nei prossimi anni. Anzi potremmo benissimo assistere ad una diminuzione delle donne in politica se le cose vanno avanti così.
LA SOSTENIAMO ANCHE PER ALTRE RAGIONI:
LA PRIMA E' CHE SIAMO CONVINTE CHE PIU' DONNE AL POTERE SARANNO DI AIUTO ALLA ROTTURA DEGLI STEREOTIPI DI GENERE, OFFRIRANNO UN MODELLO PER TUTTE NOI CHE CI SCOPRIREMO IN UN PAESE IN CUI VESPA SIA COSTRETTO AD OSPITARE POLITICHE DONNE QUANDO VOGLIA PARLARE DI ECONOMIA, DI LAVORO, DI GIUSTIZIA.
VORREMMO POTER AVERE MODELLI FEMMINILI DIVERSI E POSITIVI IN TV, OLTRE ALLA VELINA, LA VALLETTA, LA SUORA LA PUTTANA E LA MAMMA CHE UCCIDE I PROPRI FIGLI.
SPESSO MI SONO DOMANDATA PERCHE' LE DONNE PENSINO TUTTE CHE IL NUDO MASCHILE SIA ESTETICAMENTE PIU' BRUTTO DI QUELLO FEMMINILE. POI HO CAPITO CHE BASTA ACCENDERE LA TELEVISIONE PER CAPIRE CHE CHIARAMENTE FINO ALLA MEMORABILE PUBBLICITA' DELLA 'LACOSTE' NESSUNA IN TV AVEVA MAI VISTO UN BEL NUDO MASCHILE. DEL RESTO LA TV IN ITALIA DEVE PROPRIO ESSERE GUARDATA SOLO DA UOMINI PERCHE' E' PROPRIO FATTA SU MISURA PER LORO.
UN ALTRO MOTIVO E' QUESTO: PENSIAMO CHE SIA UN MOTIVO DI GIUSTIZIA. SIAMO IL 52% DELLA POPOLAZIONE EPPURE ' COME SE NON ESISTESSIMO. LA POLITICA, LA SCIENZA, L'ECONOMIA, LA LETTERATURA, LA STORIA, LA FILOSOFIA, I POSTI DI LAVORO PARLANO SOLO AL MASCHILE. EPPURE CI SEMBRANO PARLARE AL NEUTRO DA QUANTO SIAMO INTONTITE.
E PER FINIRE UN ULTIMO APPUNTO ALLE DONNE CHE GIA' SIEDONO NEI LUOGHI DEL POTERE. ESSE NON CI RAPPRESENTANO, UN PO' HANNO DOVUTO SMETTERE DI ESSERE DONNE PER POTER FAR POLITICA. EPPURE NOI LE AMMIRIAMO, E LE CAPIAMO SE NON RIESCONO A LOTTARE PIU' DI TANTO PER I DIRITTI NOSTRI. DEL RESTO SONO UNA MINORANZA E COME TUTTE LE MINORANZE, NON HANNO MAI CONTATO MOLTO.
DICONO CHE PER FAR POLITICA CI SERVANO I .....
EPPURE LA GENTE IN QUESTO MOMENTO NON CHIEDE QUESTO: CHIEDE AI POLITICI DI ESSERE PIU' ONESTI, PIU' TRASPARENTI, DI ASCOLTARE DI PIU' LA GENTE, DI PARLARE MENO E AGIRE DI PIU'...INSOMMA FORSE L'ITALIA NON LO SA MA STA CHIEDENDO GIA' ORA PIU' DONNE AL POTERE.
LE DONNE LO LORO CONQUISTE SE LE SONO SEMPRE PROCURATE LOTTANDO DALL'ESTERNO. NIENTE E' VENUTO SUA SPONTE DAL PARLAMENTO. E ANCORA UNA VOLTA SARA' NECESSARIO LOTTARE. E ANCHE NOI SIAMO QUI.
PER QUESTO CHIEDO A CHI VOLESSE CONOSCERCI MEGLIO, APPROFONDIRE LE NOSTRE RIFLESSIONI MA SOPRATTUTTO PARTECIPARE A QUESTO GRUPPO, DI VISITARE IL NOSTRO BLOG www.padovadonne.blogspot.com E DI SCRIVERE UNA MAIL A QUESTO INDIRIZZO padovadonne@libero.it QUALORA VOLESSE FARNE PARTE.

LE RAGAZZE DEL BLOG

giovedì 24 maggio 2007

GUARDATE QUANTO LAVORANO LE DONNE IN ITALIA!!!! dal rapporto sullo sviluppo umano dell'UNDP 1995

SONDAGGIO- Italia fanalino di coda rispetto alla rappresentanza politica

Italia fanalino di coda rispetto alla rappresentanza politica
Gli ultimi mesi, e soprattutto gli ultimi giorni, hanno portato al centro del dibattito pubblico e istituzionale la scarsa presenza delle donne in politica. Il tema si affianca a quello, più generale, sulle pari opportunità, ed ha portato ad interrogarsi sugli elementi che possono fornire effettiva sostanza a tale principio. Quali cambiamenti sociali e culturali possono concorrere al una maggiore rappresentanza femminile in politica e nella società? I provvedimenti legislativi sono in grado di favorire una maggiore presenza delle donne in politica? Le pari opportunità possono essere imposte per legge? Eurispes ha dedicato al tema un’ampia scheda (la n. 21), che, dato appunto l’attualità vi proponiamo integralmente. Intervistando un campione di 1.070 cittadini, rappresentativi della popolazione italiana maggiorenne distinta per sesso, età ed area geografica, l’indagine campionaria dell’Eurispes ha evidenziato che appena l’8,3% del campione ritiene che le donne siano già sufficientemente rappresentate e che pertanto non sia necessario favorirne una maggiore presenza, con lievi differenze tra donne e uomini; al contrario, l’area politica di riferimento risulta essere significativa nel rispondere alla domanda. La percentuale di quanti non giudicano necessari interventi a favore della femminilizzazione della politica, pari al 3% tra gli elettori di sinistra e al 3,7% tra quelli del centro-sinistra, sale al 6,6% tra gli intervistati politicamente orientati al centro e raggiunge i valori più elevati tra gli elettori di centro-destra (17,2%) e di destra (al 20,6%). Quasi nessuno degli intervistati ritiene dunque le donne già sufficientemente rappresentate in politica. Invece il campione si spacca rispetto alle capacità che le donne devono dimostrare di avere per affermarsi in questo campo. Invitati, infatti, ad esprimere il proprio grado di accordo con l’affermazione secondo cui una donna per affermarsi in politica deve dimostrare di essere molto più brava rispetto ad un uomo, gli intervistati si dividono tra coloro, il 50,7%, che si dichiarano poco o per niente d’accordo e quanti, il 48,3%, si dicono al contrario abbastanza o del tutto d’accordo. Lo 0,9%, diversamente, non ha voluto o saputo esprimere la propria opinione al riguardo. Tra gli uomini prevale il disaccordo verso questa affermazione (infatti si dicono poco o per niente d’accordo nel 54,1% dei casi, abbastanza o del tutto d’accordo nel 45%). Al contrario, all’interno della componente femminile l’idea che una donna per affermarsi in politica debba dimostrare di essere molto più brava di un uomo trova un consenso maggioritario (51,4%); tuttavia, una significativa minoranza di donne, il 47,7%, esprime il proprio disaccordo. È dunque la difficoltà di ingresso in politica a preoccupare le donne, più che la capacità di affermarsi in questo campo. In relazione all’area politica di riferimento, è possibile evidenziare che la percentuale di quanti si dichiarano abbastanza o del tutto d’accordo con l’idea secondo la quale una donna per affermarsi in politica debba dimostrare di essere molto più brava rispetto ad un uomo, pari a circa il 52% tra gli intervistati di sinistra e centro-sinistra, sia minoritaria tra gli elettori di differente orientamento. Sono infatti poco o per niente d’accordo il 54,5% degli intervistati di centro-destra, il 55,8% di quelli di centro ed il 60,3% degli elettori di destra. La distribuzione dei dati per classe d’età consente infine di sottolineare come l’idea in base alla quale una donna per affermarsi in politica debba dimostrare di essere molto più brava rispetto ad un uomo, condivisa abbastanza o del tutto da oltre la metà degli intervistati tra i 25 e i 44 anni, è ritenuta poco o per niente veritiera da una quota maggioritaria di giovanissmi (57,8%) e da oltre la metà degli over 44. Agli intervistati è stato chiesto di esprimere la propria opinione in merito alle ragioni sottese alla scarsa presenza delle donne in politica. La maggioranza del campione (il 54%) ritiene che le donne in politica siano discriminate. Ad essi si aggiungono quanti (il 21,9%) attribuiscono la mancata presenza di un numero consistente di donne in politica alla difficoltà di conciliare un impegno di questo genere con i carichi familiari e professionali: le donne, dunque, secondo questi intervistati, non sono discriminate in modo intenzionale ma di fatto, in quanto la distribuzione di ruoli tra i due generi ne ostacola concretamente l’ingresso in politica. Decisamente meno diffusa l’opinione che ritiene la totalità delle donne non interessata alla politica (11,5%), così come quella di quanti ritengono il genere femminile scarsamente preparato (7,4%).
Donne discriminate? L’analisi dei dati per sesso consente di rilevare un certo grado di accordo tra i due generi in merito alle ragioni della scarsa presenza delle donne in politica. È possibile osservare, infatti, come la percentuale di quanti ritengono che in questo campo esista una discriminazione verso le donne, pari al 57% tra la componente femminile del campione, resti maggioritaria anche tra gli uomini (50,8%). Inoltre, la loro esigua presenza è attribuita alla difficoltà di conciliare l’impegno politico con i carichi familiari e professionali dal 21,6% degli uomini, una percentuale solo leggermente inferiore a quella femminile (22,1%). Anche l’opinione che le donne in politica siano poche perché non sufficientemente preparate o per via di una loro generale mancanza di interesse è condivisa da una percentuale molto simile di uomini e donne (pari, rispettivamente, al 19,9% e al 18%). Nel complesso, dunque, non emerge un pensiero pregiudizioso da parte degli uomini nei confronti della presenza femminile in politica. Sono le stesse interessate, seppur in una minoranza di casi, a sentirsi poco preparate e/o interessate. Se esiste, il pregiudizio verso la presenza femminile in politica investe le donne tanto quanto gli uomini. In relazione all’area politica di riferimento, è possibile evidenziare come la scarsa presenza femminile in politica sia attribuita al fatto che le donne in questo campo sono discriminate dalla maggioranza degli intervistati di centro-sinistra (63,6%) e sinistra (62,8%); lo stesso convincimento esprimono, sebbene in misura minore, quanti non si identificano in un determinato schieramento politico (55,4%) o si collocano al centro (54,1%). A destra e al centro-destra, diversamente, la quota di quanti abbracciano questa spiegazione, pur maggioritaria, scende, rispettivamente, al 44,1% e al 36,9%. Tra gli intervistati di centro-destra, in particolare, trova un consenso significativo l’opinione secondo cui la scarsa presenza femminile in politica derivi dal fatto che le donne non sono interessate (19,7%) o non sono sufficientemente preparate (15,6%): queste due ragioni sono addotte, nel complesso, da oltre il 35% degli intervistati appartenenti a questa area politica, mentre hanno scarso seguito soprattutto tra gli elettori di sinistra (9,8% delle risposte complessive). Infine l’idea che le donne siano poche perché già troppo impegnate a conciliare casa e lavoro è diffusa soprattutto tra gli elettori di centro, che la sposano nel 29,5% dei casi (contro una media del 21,9%). Lo scorporo dei dati per classe d’età consente di rilevare una maggiore tendenza da parte dei giovanissimi (18-24 anni) ad attribuire la scarsa presenza delle donne in politica ad una mancanza di interesse delle dirette interessate (16,5% delle risposte, 5 punti percentuali sopra il dato medio). Tra gli intervistati ultra 64enni, al contrario, è possibile registrare un consenso superiore alla media verso l’opinione che vuole le donne assenti dalla politica perché non sufficientemente preparate (10,5%, contro il 4,6% dei giovanissimi).
Donne acrobate. Inoltre, bisogna sottolineare che l’alta percentuale di intervistati appartenenti alla fascia centrale d’età (35-44 anni), attribuiscono la scarsa presenza femminile in politica alla difficoltà di conciliare l’impegno politico con la casa e il lavoro: essi sono ben il 30,8%, circa 9 punti percentuali in più rispetto alla media. Le acrobazie fatte dalle donne nella vita quotidiana per armonizzare le diverse attività sono dunque avvertite da questa classe d’età come l’ostacolo più rilevante ad una partecipazione attiva alla politica, in misura molto superiore rispetto a quanto è stato affermato dai più giovani (11%), probabilmente costretti in misura minore ad affrontare questi problemi. È invece tra di essi che è maggiormente diffusa l’opinione che le donne in politica siano discriminate (62,4% delle risposte, contro una media del 54%).
“Quote rosa”. Il secondo quesito concerne le cosiddette “quote rosa” in base alle quali, secondo quanto proposto a livello legislativo, una quota minima di candidati al Parlamento dovrebbe essere riservata alle donne. Ebbene, due intervistati su tre si dicono favorevoli all’introduzione delle quote poichè ritengono che l’imposizione per legge di un determinato numero di posti riservati alle donne sia l’unico modo di garantire una certa presenza femminile in politica. Il 16,1%, diversamente, esprime il proprio disaccordo verso la loro introduzione, in quanto è dell’opinione che le donne debbano conquistarsi le cariche pubbliche al pari degli uomini. Il 14%, infine, è sfavorevole perché ritiene che non sia attraverso un’imposizione di tipo legislativo che si possono creare le pari opportunità e che queste vadano perseguite creando le condizioni che possano assicurare alle donne un’effettiva partecipazione alla vita pubblica. Sono le donne ad esprimere maggiore consenso verso le quote rosa: il 67,8% di esse le considera l’unico modo per garantire la presenza femminile in politica, a fronte di un dato maschile del 65,4%. Tra gli uomini, invece, è più elevata la percentuale di quanti esprimono la propria contrarietà verso l’introduzione delle quote in quanto ritengono che le pari opportunità si ottengano solo creando le condizioni per un’effettiva partecipazione delle donne alla vita pubblica (15,6%, contro un dato femminile del 12,6%). È plausibile pensare che le donne siano più scettiche rispetto alla possibilità di un cambiamento strutturale, stanche in qualche modo di aspettare le condizioni che possano garantire loro la possibilità di avere effettivamente le stesse opportunità degli uomini di dedicarsi alla politica. In relazione all’area politica di riferimento, il consenso verso l’introduzione delle quote rosa, maggioritario in maniera trasversale ai diversi orientamenti, registra i valori più elevati tra gli intervistati di centro-sinistra (74,7%) e di centro (73,8%), i quali individuano in questo strumento l’unico modo per garantire la presenza delle donne in politica. La quota di favorevoli, pari 62,2% tra gli intervistati di sinistra, scende al 61,8% tra quanti non sono politicamente schierati ed al 60,3% tra gli elettori di destra, tra i quali è piuttosto elevata la quota di coloro che non hanno un’opinione precisa in merito (8,8%). Si dichiarano contrari all’introduzione delle quote soprattutto gli intervistati di centro-destra (41%) e di sinistra (36,6%). Nello specifico, il 23,8% dei primi ed il 17,7% dei secondi sono sfavorevoli poichè ritengono che le pari opportunità si ottengano solo creando le condizioni che possano consentire alle donne un’effettiva partecipazione alla vita pubblica; diversamente, il 17,2% degli elettori di centro-destra ed il 18,9% di quelli di sinistra si dichiarano contrari perché reputano che le donne debbano conquistarsi le cariche pubbliche al pari degli uomini. Il favore mostrato nei confronti delle quote rosa, quale unico strumento per garantire la presenza femminile in politica, ha i maggiori sostenitori tra gli intervistati tra i 25 e i 34 anni (77,5%), seguiti dalle classi d’età estreme, ovvero gli ultra 64enni (70,9%) e gli under 25 (65,1%). Appaiono più scettici verso l’introduzione di un provvedimento legislativo che imponga una certa presenza femminile tra i candidati al Parlamento, gli interpellati appartenenti alle classi 35-44 anni (tra cui il consenso verso le quote rosa scende al 62,1%) e 45-64 anni (60%), sebbene per motivazioni tendenzialmente differenti. I primi infatti ritengono in misura significativamente più elevata rispetto alla media (20,5%, contro il 14%) che le pari opportunità si ottengano solo creando le condizioni che consentano alle donne un’effettiva partecipazione alla vita pubblica (si ricordi che è la stessa classe che avverte maggiormente gli ostacoli derivanti dai problemi di conciliazione). I secondi, come osservato anche tra i più giovani, spiegano la propria contrarietà alle quote rosa soprattutto col fatto che le donne debbano conquistarsi le cariche pubbliche al pari degli uomini (oltre il 21% delle risposte, a fronte di un dato medio pari al 16,1%). La maggioranza degli intervistati, dunque, è favorevole all’introduzione delle quote rosa, ma il campione è ben lontano dall’individuare in questo strumento legislativo la soluzione al problema delle pari opportunità. Per la maggioranza degli intervistati (il 62,9%) “una legge sulle quote rosa è solo l’inizio per creare pari opportunità tra i sessi in ogni ambito”. I 3/4 del campione (il 74,1%) si dice abbastanza (32,4%) o del tutto d’accordo (41,7%) con la necessità di promuovere un organico sistema di azioni che possano favorire una maggiore partecipazione delle donne alla vita pubblica (misure di conciliazione, ad esempio). Sono ancora una volta le donne a considerare con maggiore favore una eventuale legge sulle quote rosa: il 67,1% di esse, contro il 58,4% degli uomini, si ritiene infatti abbastanza o del tutto d’accordo con l’opinione in base alla quale il provvedimento legislativo rappresenterebbe solo l’inizio per creare pari opportunità tra i sessi in ogni ambito. Prevale comunque, in entrambi i generi, la convinzione che per garantire pari opportunità in politica siano necessarie azioni di più ampio respiro. Infatti il 73,2% delle donne ed il 75,1% degli uomini si dichiarano abbastanza o del tutto d’accordo con l’affermazione che una legge sulle quote da sola è sbagliata e che occorra promuovere azioni che possano favorire una maggiore partecipazione delle donne alla vita pubblica. L’analisi dei dati per area politica di riferimento consente di osservare che una legge sulle quote rosa sarebbe considerata solo l’inizio per creare pari opportunità tra i sessi in ogni ambito soprattutto dagli elettori di centro-sinistra e da quanti non hanno uno specifico orientamento politico (entrambi abbastanza o molto d’accordo in oltre il 65% dei casi). L’analisi per singola modalità di risposta rileva, tuttavia, come il pieno consenso verso l’introduzione delle quote rosa provenga prevalentemente dagli intervistati di sinistra, del tutto d’accordo nell’affermare che un provvedimento del genere potrebbe innescare un circolo virtuoso di pari opportunità in ben il 41,5% dei casi (contro il 26,2% registrato tra gli elettori di centro-destra). Poco o per niente d’accordo il 42,7% degli intervistati collocati al centro degli schieramenti politici, seguiti da quelli di centro-destra (38,6%) e destra (38,2%). L’affermazione “Una legge sulle quote rosa da sola è sbagliata, andrebbero invece promosse azioni che possano favorire una maggiore partecipazione delle donne alla vita pubblica (misure di conciliazione famiglia lavoro, più asili nido, maggiore ripartizione dei carichi familiari tra i due sessi, ecc)”, è pienamente condivisa dagli intervistati di tutte le aree politiche; tuttavia è più diffusa tra quanti si collocano a sinistra o a destra (abbastanza o del tutto d’accordo in circa 4 casi su 5), mentre registra una quota di consensi minore tra gli elettori di centro-destra, poco o per niente d’accordo nel 29,5% dei casi. Ottimismo sul fatto che una legge sulle quote rosa possa favorire, in materia di pari opportunità, un circolo virtuoso è espresso da una percentuale di intervistati variabile dal 73,5% dei 25-34enni al 56,9% della classe d’età successiva. Ancora una volta, dunque, quanti attraversano la fase centrale della propria vita (i 35-44enni), mostrano di “non farsi incantare”: il loro favore verso le quote, senz’altro maggioritario, rimane condizionato al fatto che il provvedimento sia parte integrante di un organico sistema di azioni che possano fornire effettiva sostanza al principio delle pari opportunità. Quanto affermato è confermato dal dato relativo al consenso espresso dalla classe centrale d’età verso la necessità di promuovere azioni che possano favorire una maggiore partecipazione delle donne alla vita pubblica: si dichiarano infatti abbastanza (24,6%) o del tutto d’accordo (57,4%) oltre l’82% dei 35-44enni, contro il 57,8% dei giovanissimi, maggiormente fiduciosi nella capacità di questo strumento legislativo di promuovere lo sviluppo delle pari opportunità. D’altra parte, solo il 17,5% ritiene che l’espressione “pari opportunità” significhi “riservare a uomini e donne lo stesso numero di posti in ogni ambito”, considerando dunque il problema delle pari opportunità meramente quantitativo. Per una quota maggioritaria del campione – il 43,7% – “pari opportunità” significa invece riservare a donne e uomini lo stesso trattamento. Infine, per una minoranza significativa di intervistati (il 37,1%), l’espressione rimanda ad un significato più ampio e complesso, relativo alla “libertà di scegliere il proprio posto nella società, senza ostacoli derivanti dal sesso”.
Per costoro, fornire sostanza al concetto di pari opportunità è dunque operazione ben più complessa rispetto alla emanazione legislativa di provvedimenti finalizzati a riservare a uomini e donne lo stesso numero di posti in ciascun ambito. Tra gli uomini trova maggiore diffusione una concezione in qualche modo “formale” delle pari opportunità. Per il 44,6%, infatti, contro il 43% delle donne, esse consistono nel riservare ad entrambi i generi lo stesso trattamento, mentre per il 18,5% (a fronte di un dato femminile del 16,5%) significa riservare lo stesso numero di posti in ogni ambito. Tra la componente femminile del campione è invece più diffusa l’opinione che l’espressione “pari opportunità” rimandi alla possibilità di scegliere il proprio posto nella società, senza ostacoli derivanti dal sesso (la pensano così nel 39% dei casi, a fronte di un dato maschile pari al 35%). In relazione all’area politica di riferimento, tra gli elettori di sinistra e centro-sinistra prevale l’idea che le pari opportunità consistano nella libertà di scegliere il proprio posto nella società, senza ostacoli derivanti dal sesso, opinione abbracciata, rispettivamente, dal 41,5% e dal 41% degli intervistati appartenenti a questi orientamenti. Diversamente, tra quanti fanno riferimento ad un’altra area politica oppure non hanno una collocazione politica definita prevale l’idea che l’espressione significhi riservare a uomini e donne lo stesso trattamento (condivisa da una percentuale di interpellati variabile dal 44,3% al 45,9%). Il titolo di studio risulta essere particolarmente significativo in rapporto al significato attribuito all’espressione “pari opportunità”. Al crescere del titolo di studio aumenta la percentuale di quanti intendono l’espressione come la libertà di scegliere il proprio posto nella società, senza ostacoli derivanti dal sesso, che sale dal 24% tra gli intervistati in possesso della licenza elementare al 47,9% tra i laureati e quanti hanno conseguito una specializzazione post-laurea. Al contrario, l’idea che pari opportunità significhi riservare ad entrambi i generi lo stesso trattamento è diffusa soprattutto tra coloro che hanno un basso titolo di studio, licenza elementare (54,4%) o media (48,1%), mentre è condivisa da una quota minore di intervistati sia tra i diplomati (41,2%) che, soprattutto, tra i laureati (32,7%). La stragrande maggioranza del campione (poco meno di 7 intervistati su dieci) ritiene necessario un cambiamento di tipo socio-culturale. Il 69,8%, infatti, è dell’idea che la femminilizzazione della politica sarebbe favorita da una migliore ripartizione delle responsabilità familiari tra i due sessi, dunque intervenendo sugli ostacoli che impediscono o rendono difficoltosa la partecipazione delle donne alla vita pubblica. Gli uomini, prontissimi a sostenere che le pari opportunità in politica si ottengono solo creando le condizioni per un’effettiva partecipazione delle donne alla vita pubblica, sono poi un po’ meno propensi a sostenere che una maggiore presenza di donne in politica potrebbe essere favorita da una migliore ripartizione delle responsabilità familiari tra i due generi. Si dichiara scettico a tal proposito il 26,5% degli uomini, contro il 22,5% delle donne. Tra le dirette interessate, infatti, ben il 73,2% ritiene che una migliore distribuzione dei carichi familiari potrebbe agevolare la presenza femminile in politica. Tra gli uomini, il dato scende al 66,1%. La percentuale di quanti ritengono che una migliore distribuzione delle responsabilità familiari tra i sessi potrebbe favorire una maggiore presenza delle donne in politica, maggioritaria tra gli intervistati di tutti gli orientamenti politici, è più elevata tra gli elettori di sinistra (75%) e di centro (73,8%), seguiti dagli intervistati di centro-sinistra (72,8%); invece scende al 69,7% tra gli elettori di centro-destra e al 52,9% tra quelli di destra. L’ottimismo verso la capacità di una migliore distribuzione dei carichi familiari tra i sessi di favorire una maggiore presenza delle donne in politica è trasversale a tutte le classi d’età, ma registra maggiore diffusione tra gli over 44, che si dicono fiduciosi nel 73,8% dei casi. Concludendo, le quote rosa sono considerate favorevolmente dal campione, in quanto strumento in grado di contrastare quello scarto tra uguaglianza formale e reale che impedisce alle donne di partecipare attivamente al governo della cosa pubblica e di svolgere ruoli di potere. Al contempo, l’indagine rileva come per questi intervistati fornire effettiva sostanza al principio delle pari opportunità sia operazione ben più complessa, legata alla rimozione di quegli ostacoli che di fatto impediscono l’ingresso delle donne in politica. In particolare, le acrobazie che le donne devono fare quotidianamente per conciliare la molteplicità di ruoli da cui sono investite sono avvertite, soprattutto dalla classe centrale d’età (35-44 anni), come l’ostacolo più rilevante ad una partecipazione attiva alla politica.

martedì 22 maggio 2007

ci vediamo mercoledì o giovedì?

Ciao a tutte!
Ieri Laura ed io abbiamo iniziato a fare volantinaggio e a vedere che aria tirava sull'argomento. Personalmente sono abbastanza soddisfatta.
Ci vediamo mercoledì sul tardo pomeriggio per volantinaggio?se facesimo un po' il punto su giovedì sera?

venerdì 18 maggio 2007

LA TV DELLE DONNE!!!!!!!! date un occhio



www.donnatv.it

ALLORA COSA SI FA LA SETTIMANA PROSSIMA?

Per chi si vuole fare avanti...
LUNEDì ore 12.00 VOLANTINAGGIO E ATTACCHINAGGIO VOLANTINI CONFERENZA chi vuole mi fa un colpo di telefono. la stessa cosa può essere fatta mercoledi e giovedi mattina?
LUNEDI o MERCOLEDI ore 18.00 spritz P-F?
GIOVEDI ORE 20.00 incontro pre conferenza???
fatemi sapere BACI!!!!
Laura

giovedì 17 maggio 2007

SILVANO PONE LA QUESTIONE

Rigorosamente di sesso maschile


E’ molto difficile affrontare il tema della prostituzione posto al centro del dibattito padovano dalla delibera del sindaco Zanonato. Si teme di essere attaccati dai moralisti da una parte, dai liberisti dall’altra. Se poi si appartiene al genere maschile come nel nostro caso, allora la polemica e le accuse potrebbero arrivare in zone ad alto rischio. Meglio proteggersi con le parole, quelle essenziali, indiscutibili, quelle che mettono sul piatto, nero su bianco la questione: puttane e puttanieri. Sono queste le parole, loro è tutto il potenziale evocativo, loro è la suggestione che solletica l’immaginario collettivo.
La parola “puttane”, non ci sembra generatrice di grandi inquietudini, al massimo qualche naso storto o un dibattito su questioni logistiche (strade o case?), un impegno cosmetico che nasconda delocalizzando senza annullare. E perché annullare? Non ce n’è bisogno, si tratta del mestiere più vecchio del mondo.... l’uomo è cacciatore..... è la donna che seduce..... la costola d’Adamo.... se la vanno cercando..... alla fine a loro piace, nessuno le obbliga....!
La parola “puttaniere” invece contiene un grande potenziale di provocazione. Cliente, non puttaniere, prego! Come se chi compra avesse una sua dignità che chi vende non ha, come se la marchetta venisse fatta dalla professionista mentre, l’altro, il cliente/puttaniere, fischietta indifferente, innocente. Ed è questo che scatena il putiferio: il fatto che sia lui, questa volta, l’oggetto dell’accusa. Come se, nel momento in cui una delibera, di cui si può discutere nel metodo ma che pone un problema serio nel merito, minaccia la libertà di caccia del maschio, lo denuda nel suo essere puttaniere, ponesse una questione insopportabile di privazione della libertà.
Altra parola: la banconota, il denaro, l’oggetto dello scambio: sesso, uso del corpo altrui in cambio di soldi.
Quale virilità, ci domandiamo, può mai vantare un maschio che non sa mettersi in gioco nel corteggiamento, che non rischia il rifiuto, che non sa stare nell’attesa di sapere se verrà accettato o respinto. La banconota, eccola, esce di tasca, paga e la prestazione è sicura, senza rischi, bello o brutto che tu sia, affascinante o povero di spirito, elegante o grezzo. Paghi e vai sicuro. Senza conseguenze, senza impegni, senza complicazioni. Virilità? A noi non pare. Se di conquista si deve parlare, sia vera, aperta, onesta, in un confronto in cui l’altra sia vista come interlocutrice, ad armi pari, dignitosa, libera di scegliere come vuoi esserlo tu. Ed eccola l’altra questione, forse la questione delle questioni: la libertà di scegliere, l’autonomia di amare. Il maschio non la vuole, o meglio, la vuole solo per se, teme l’autonomia sessuale della donna, scappa a gambe levate al solo pensarlo o si rivolge contro, aggressivo, determinato a ridurre la cosa ad un atto di dominio (gli stupri, anche nell’ambito famigliare, sono una piaga in aumento).
Siamo sicuri, noi maschi, che alle donne piaccia? E’ vero, le puttane hanno organizzato una marcia e questo sembrerebbe dire che sono libere e protagoniste. Noi non lo crediamo, crediamo invece che le condizioni per cui si vendono siano quelle che negano loro, non da oggi, la dignità.
E nemmeno crediamo che sia la fisiologia a dare la spiegazione del perché è il maschio il puttaniere e la femmina la puttana. Crediamo che anche in questa visione reificata del sesso, si manifesti l’aggressività maschile che, ne siamo convinti, è sempre lo specchio dell’inadeguatezza, dell’incapacità di affrontare la relazione a viso aperto.
Siamo ossessionati dal nostro fallo, ci misuriamo da sempre con quello “spirito di corpo” che pretende l’erezione permanente. Non siamo in grado di ammettere una poliedricità di sentimenti, emozioni, tenerezze, tutte cose che releghiamo al mondo femminile, salvo perdere il contatto emotivo con noi stessi fino a non saperci spiegare perché un bel giorno “lui” può smettere di obbedire.

Si raccolgono le firme degli uomini che concordano con le riflessioni ivi contenute. Mandate le vostre sottoscrizioni, indicando nome e cognome, alla seguente e-mail: primomaggio45@libero.it

Gianni Ballestrin e Silvano Cogo