mercoledì 9 maggio 2007

Donne e politica...

Innanzitutto vorrei dire che è bellissimo avervi (ri)trovato e leggere tutte le vostre/nostre domande, riflessioni, desideri, ecc. e sopratutto l’entusiasmo con cui vengono condivise. Certo ragazze che…ne avevate di cose da dire!
Io mi rendo conto di essere parecchio meno ferrata “accademicamente” di molte di voi nelle questioni femministe e di genere, però vorrei anch’io condividere alcune riflessioni-intuizioni e chiedervi scuse in anticipo se a momenti sono ingenua o scontata nel mio contributo.
In relazione alla domanda di Brigitta sul perché mancano le donne ai livelli più alti della politica penso che un motivo ulteriore potrebbe essere che il nostro modo di concepire il mondo ed il nostro compito in esso sia inconciliabile con la politica come è impostata (dal maschio). Voglio dire che attualmente la politica in senso stretto, anche non a livelli elevatissimi, è un attività totalizzante, un vero e proprio mestiere a tempo pieno. I soggetti che la svolgono mi sembrano spesso vittime di un delirio di onnipotenza, convinti di avere il destino del mondo nelle loro mani (al punto di perdere, paradossalmente, del tutto il contatto con quel mondo). Ecco, io penso che noi donne facciamo fatica a concepire una vita impostata in questo modo, e non parlo (solo) delle energie e del tempo necessario per essere mamme e per mandare avanti una famiglia. Mi riferisco alla nostra tendenza di essere più terra-terra e ripartire le nostre energie ed il nostro tempo più equamente fra le nostre attività, affetti, interessi. Penso che i maschi abbiamo una visione del mondo come qualcosa di oggettuale, di astratto,al di là di loro stessi, che possono ricreare e modificare a piacimento, mentre noi siamo più brave nel capire che il mondo è quello che vediamo e tocchiamo con mano ogni giorno ed è abitato dalle singole persone che incontriamo ed ascoltiamo quotidianamente.
Avete presente Ursula di “Cent’anni di solitudine”? Con un marito dedito a piegare la natura al suo idealismo fatto di invenzioni folli (quanto geniali) ed un figlio dedito a piegare gli altri uomini a forza di guerre? Beh, lei, la Donna, umile e analfabeta, gli seguiva rassegnata con uno sguardo fra il tenero e lo sconsolato, conscia che era inutile fargli rinsavire quelli là, ma seguendoli da vicino per evitare che si facessero troppo male cadendo. E’ palpabile in tutto il romanzo che lei era l’unica che sapeva, che aveva capito, che teneva in piedi il tutto con la sua forza smisurata.
Un altro esempio che mi viene in mente è che mi è piaciuto molto quando l’ho letto è quello della moglie di Pietro Ingrao, Laura, come emerge dalla sua (di lui) autobiografia “Volevo la luna”. Anche lei, pur dovendo curare praticamente da sola ben quattro figlie ed una miriade di incombenti quotidiani --di cui un uomo così impegnato a plasmare il mondo poteva solo ignorare l’esistenza!--, esprimeva il suo parere politico con una lucidità ed un intelligenza tali da stupire ed illuminare tante volte il marito stesso.
Credo che sia questa capacità-necessità di percepire costantemente il mondo che ci circonda a permetterci di dare il meglio di noi in realtà più circoscritte (livello locale, associazionismo, ecc.) mentre tendiamo a diffidare dei grandi sistemi e dagli interventi calati dall’alto.
Voi che ne pensate?

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